8 aprile 2020

Come funziona l'app di Singapore per il tracciamento degli spostamenti

Uno degli argomenti più ricorrenti su come fronteggiare la crisi causata dalla pandemia di COVID-19 è quello sull'uso delle app di tracciamento per verificare chi sono i soggetti a rischio che possono aver incontrato persone rivelatesi infette. La più nota tra queste applicazioni è TraceTogether, adottata dal Ministero della Salute di Singapore. Tra gli argomento più dibattuti ci sono quelli sulle potenziali violazioni della privacy che queste app possono compiere e le loro conseguenze.


Come funziona TraceTogether


L'utilizzo di TraceTogether a Singapore è completamente volontario. Chi installa TraceTogether sul proprio dispositivo mobile deve tenere accesa la connettività Bluetooth; ogni dispositivo invia segnali attraverso il Bluetooth agli altri dispositivi che trova nelle sue vicinanze, a meno di due metri e per oltre trenta minuti, in questo modo viene registrata la cronologia delle persone che ciascuno degli utenti di TraceTogether ha incontrato. I dati vengono memorizzati solo in locale sui cellulari e non vengono inviati a nessuno.

Solo nel caso in cui un utente risulti positivo al tampone per COVID-19 il Ministero della Salute singaporiano accederà ai dati di cronologia e potrà risalire alle persone incontrate dall'utente risultato positivo in modo da poter eseguire i test di positività su di loro.

Il funzionamento dell'app è descritto in termini molto chiari da un video sul sito di TraceTogether realizzato dal governo di Singapore.


TraceTogether e i problemi di privacy


Come spiega il manifesto di BlueTrace (l'ente che ha sviluppato l'app) la raccolta dei dati è decentralizzata e avviene solo sulla memoria dei dispositivi. I dati sono memorizzati in forma anonima (ogni utente è identificato attraverso un codice numerico), e sono criptati in modo che solo il Ministero della Salute li possa leggere se necessario. La cronologia ha una profondità massima di 21 giorni, inoltre l'app non accede ad altre informazioni presenti sul dispositivo come il numero telefonico o la rubrica.

L'installazione di TraceTogether è comunque solo volontaria, nessuno è obbligato a farlo. Secondo il governo di Singapore neanche chi è positivo è obbligato a fornire i dati, anche questo è su base volontaria. Tuttavia secondo la CNBC fornire i dati da parte degli utenti infetti da COVID-19 sarebbe invece obbligatorio per legge. L'app è stata rilasciata il 20 di Marzo e dopo una settimana è stata installata da oltre 620.000 utenti, su una popolazione di 5 milioni e 600.000 abitanti.

Inoltre BlueTrace scrive ad oggi sul proprio sito che sta ancora lavorando alla documentazione dell'applicazione e che una volta completata renderà open source il proprio prodotto.


Applicazioni simili usate in altri stati


Singapore non è l'unico stato ad avere adottato misure di questo genere. Il Ministero della Salute israeliano, ad esempio, ha adottato un'applicazione simile a TraceTogether chiamata HaMagen (che significa Lo Scudo in ebraico) che fa un tracciamento analogo a quanto avviene a Singapore ma che inoltre invia sul dispositivo del singolo utente una segnalazione nel caso in cui si sospetta che questo possa essere entrato in contatto con il virus. Al contrario di TraceTogether, HaMagen è già open source.

Anche i governi di Giappone e Corea del Sud hanno adottato soluzioni analoghe a quelle di Singapore, ma in questi paesi gli spostamenti degli utenti risultati infetti vengono pubblicati su dei portali web e sono visibili da chiunque. In questi casi i dubbi sul rispetto della privacy sono sicuramente più giustificati, ma si tratta di casi isolati e di pratiche che difficilmente verrebbero seguite in Europa.

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