24 dicembre 2021

Cosa dice il rapporto della United States Intelligence Community sull'origine del SARS-CoV-2

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Nel maggio del 2021 il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha ordinato un'indagine della United States Intelligence Community (ente federale che racchiude diciassette agenzie di intelligence) sull'origine del virus SARS-Cov-2, per chiarire se il passaggio all'uomo sia avvenuto naturalmente o a seguito di un'incidente di laboratorio. Ad agosto, al termine dell'indagine, è stata pubblicata una sintesi delle conclusioni, mentre a ottobre è stato pubblicato un rapporto di diciotto pagine che aggiunge molti dettagli.

Riguardo all'origine del virus, quattro agenzie ritengono più probabile, seppure con bassa attendibilità, che si sia trattato di un evento naturale e che il primo contagio umano possa essere collegato ad attività di allevamento, caccia o vendita di animali, ad esempio al wet market di Wuhan dove venivano tenuti insieme animali vivi e morti in condizioni igieniche precarie. Una della condizioni considerate è che i lavoratori di questi settori sono molti di più rispetto ai dipendenti del laboratorio di virologia e che lavorano in condizioni meno controllate, un incidente è quindi molto più probabile. Una sola agenzia (il rapporto non chiarisce di quale si tratti, ma secondo il New York Times sarebbe l'FBI) propende invece, con attendibilità moderata, per l'incidente di laboratorio, nello scenario in cui un operatore può essere entrato in contatto con il virus durante il trattamento di campioni. L'affidabilità limitata è dovuta alla scarsità di informazioni disponibili; infatti altre agenzie hanno asserito che le evidenze non sono sufficienti a propendere per una teoria o per l'altra.

Il rapporto chiarisce comunque che la comunità di intelligence ritiene che il virus sia naturale e non creato appositamente come arma biologica. Inoltre la maggioranza delle agenzie sostiene che il virus non sia stato modificato in laboratorio (nonostante in passato l'Istituto di Virologia di Wuhan abbia creato combinazioni ingegnerizzate di coronavirus) e che la Cina non ne avesse conoscenza prima che scoppiasse il primo focolaio, dettaglio che come dice il documento stesso farebbe propendere per l'incidente naturale piuttosto che per quello in laboratorio.

Nell'appendice il rapporto affronta altre due teorie alternative: quella secondo cui il virus non sarebbe partito dalla Cina (probabilmente in relazione alla teoria cospirativa proposta proprio da Pechino secondo cui sarebbe passato all'uomo nella base militare di Fort Detrick nel Maryland, che dal 1943 al 1969 è stato il centro del programma per le armi biologiche voluto dal Presidente Roosevelt e che da allora ospita il programma per la difesa biologica) e quella secondo cui il virus sarebbe diffuso già da prima di fine novembre del 2019. In entrambi i casi il rapporto specifica che gli studi alla base di queste teorie non hanno superato il processo di peer review, che mancano di rigore scientifico e che i risultati a cui è giunta la comunità di intelligence contrastano queste teorie.

Il rapporto chiarisce in ultimo che i risultati dell'indagine solo molto insicuri, perché la Cina non ha mai collaborato adeguatamente alle indagini degli enti indipendenti (ad esempio ha ostacolato la raccolta delle informazioni da parte della comunità scientifica, scoraggia nuove indagini e propone teorie alternative, come quella già citata secondo cui il virus non si sarebbe sviluppato in Cina o che provenga da cibo surgelato) e difficilmente lo farà in futuro vista l'ostilità mostrata verso chi vuole chiarire la situazione. Del resto se venisse accertata l'origine del virus, la Cina ne avrebbe in ogni caso un danno di immagine enorme; perché sia che si tratti di un salto naturale sia che sia stato un incidente in laboratorio, sarebbero mancati controlli e protezioni e non sarebbe il primo caso, visto che nel 2002 la SARS partì dalla provincia di Guangdong. È quindi molto difficile che si arrivi a una risposta certa, per ora sull'origine del virus domina ancora molta confusione.