Chi sperava che il 2021 sarebbe stato meno funesto del 2020 è stato smentito dopo soli sei giorni dalle agghiaccianti immagini dell'assalto da parte di un gruppo di sostenitori di Trump al Campidoglio di Washington durante la seduta del congresso che doveva ratificare la vittoria delle elezioni presidenziali da parte del candidato Democratico Joe Biden. Solo poche settimane fa, la mattina di Natale, un'esplosione ha scosso il cuore di Nashville quando un uomo si è fatto esplodere sul proprio camper parcheggiato. Questi due eventi sono accomunati da uno filo conduttore: in entrambi i casi i perpetratori erano animati dall'odio diffuso dalle teorie del complotto. Nel caso del Campidoglio gli assalitori erano sostenitori della teoria infondata secondo cui le elezioni dello scorso novembre sarebbero state truccate, la frangia più estrema comprendeva anche sostenitori della teoria QAnon. Anthony Warner, l'attentatore suicida di Nashville, era un complottista sul 5G ed era anche ossessionato dalla teoria dei rettiliani creata nel 1999 da David Icke. Per quanto spaventosi questi due terribili atti non sono isolati. Nei primi giorni di quest'anno un farmacista del Wisconsin che credeva che i vaccini contro il COVID-19 mutino il DNA umano ha distrutto cinquecento dosi del vaccino stesso e un estremista di destra ha causato un finto allarme bomba in un parcheggio del Queens.
La principale minaccia causata dalla fake news e dalle teorie del complotto è quella che possono causare odio, tensione sociale e instabilità; a giudicare da questi ultimi fatti ci stanno riuscendo benissimo. Pensare che l'elezione di Joe Biden in sostituzione di un presidente polarizzante come Donald Trump possa servire a migliorare la situazione è probabilmente un'illusione. Se un miglioramento ci sarà, sarà minimo; perché ormai l'odio è diffuso, viviamo nell'epoca della rabbia e della sfiducia e chi stia alla Casa Bianca non inverte la tendenza e la diffusione delle fake news. La sfiducia nelle istituzioni e nei mezzi di comunicazione è tale che già durante l'assalto al Campidoglio si sono sparse su internet le teorie del complotto secondo cui l'assalto sarebbe una cospirazione dei democratici e che l'uomo vestito da sciamano, Jake Angeli, avrebbe partecipato recentemente a manifestazioni di Black Lives Matter.
I social network hanno una responsabilità enorme in questo campo perché rendono più facile la diffusione di idee complottiste e mettono in contatto persone che credono alle stesse teorie. Non a caso, il gruppo di estrema destra che pianificava di rapire la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer stava raccogliendo adepti e organizzando la propria azione attraverso social network tra cui Facebook. Del resto le teorie del complotto sono sempre esistite, ma se negli anni 90 eventi come l'attentato di Oklahoma City erano rari, i gesti di odio diventano oggi sempre più frequenti perché la tensione è amplificata dai social network. Facebook e Twitter stanno mettendo in atto un tentativo di arginare il problema bloccando o segnalando le fake news, ma non sarà questa la soluzione al problema, per almeno due motivi. Il primo è che non è pensabile che sia Mark Zuckerberg (visto che i social network del gruppo FACEBOOK sono ancora largamente i più utilizzati) il garante della democrazia, perché se domani al posto di Zuckerberg trovassimo un appartenente a QAnon il problema sarebbe peggiorato. In secondo luogo perché quand'anche Facebook riuscisse a sterminare al proprio interno le fake news, gli utenti interessati a quel tipo di contenuti migrerebbero su altre piattaforme. Già ora gli estremisti di destra stanno lasciando Facebook in favore del russo VK, che ovviamente non farà mai nulla per contrastare la disinformazione, così come non lo fa Telegram (anch'esso russo) che si propone come alternativa a WhatsApp di Mark Zuckerberg.
Purtroppo non esiste una soluzione semplice al problema della disinformazione. Agire sui social network non basta, agire sui mezzi di informazione nemmeno. Probabilmente serve che i fruitori delle notizie imparino a discernere le notizie buona dalla disinformazione (e su certi temi è già successo, oggi nessuno parla più di scie chimiche), serve che tutte le fazioni (anche quelle di chi non crede ai complotti) smettano di usare un linguaggio che tende a creare divisioni, ma la prima cosa da fare è prendere atto di quanto le fake news siano pericolose e di come oggi siano una delle minacce terroristiche da cui dobbiamo difenderci.
la madre della maggior parte delle teorie del complotto affonda le proprie radici negli anni venti del ventesimo secolo. parlo del documento intitolato "i protocolli dei savi di sion". pur essendo stato dimostrato essere un falso, dobbiamo tener presente che alcuni personaggi dell'epoca lo credevano autentico. Hitler e Mussolini per esempio, e non solo loro. in generale la "destra" dell'epoca diciamo. la tesi sostenuta è che gli ebrei vogliono conquistare il mondo. perché sono il popolo eletto e sui loro testi sacri c'è scritto che tutti i beni della terra appartengono a loro e che gli altri popoli possono vivere solo come loro schiavi, privi di ogni bene e diritto. da qui poi sono nate le " moderne " teorie del complotto, che in pratica sono sempre una riedizione aggiornata di questa teoria, con qualche variante o aggiunta a seconda delle circostanze del momento o della fantasia del complottista di turno. non voglio fare nomi, ma anche oggi c'è qualcuno che crede al complotto ebraico. il giornalista e blogger maurizio blondet per esempio, che ha già collezionato diverse denunce per antisemitismo. forse non tutti hanno capito il rischio che si corre nel pubblicare articoli che sostengono certe tesi. è un po' quello che è successo in america. inoltre il problema, come fai notare tu, è che una persona convinta che esistano questi complotti difficilmente tornerà indietro. anzi guarderà con sempre maggior sospetto chi non conferma le sue teorie. sia esso un giornalista o il vicino di casa. ti saluto.
RispondiEliminaGrazie del contributo!
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