7 dicembre 2020

TWA 800: an interview with former Chief of Coast Guard Media Relations Pat Philbin

An Italian translation is available here.

Flight TWA800, which exploded and crashed into the ocean near East Moriches, New York, on the 17th of July 1996, is one of the most complex cases of aviation disasters in american history. To explain us something on the disaster, Pat Philbin, who back then was the Chief of Coast Guard Media Relations accepted our request for an interview we are today offering our readers.





Nastro di Mobius: How was this case different from others you've been involved with?

Pat Philbin: Operationally, the case was no different other than its magnitude in terms of loss of life and its location to the U.S. coast. From a media perspective, these variables created an immediate challenge to determine what we were able to verify and share with other U.S. agencies that were involved and in our ability to release information to the public. The Coast Guard’s public affairs policy regarding the release of information has always been extraordinarily transparent and simple. Essentially, if a Coast Guard person had authority for something, he/she had a responsibility to answer questions with only four exceptions: if the information had to do with security, accuracy, privacy or propriety (company trade secrets), then the Coast Guard could withhold information. This was known as SAPP.


Nastro di Mobius: What was the feeling of the investigators in the first phases, before it became clear it was caused by an electric problem?

Pat Philbin: I had little or no interaction with the investigators on the scene; however, given the potential for terrorism-related possibilities, the Federal Bureau of Investigation, which has jurisdiction over such issues, was designated as the lead U.S. agency for the investigation. The Coast Guard was a supporting element.


Nastro di Mobius: Is it common in your experience that eyewitnesses give conflicting accounts like it happened with TWA 800?

Pat Philbin: As a researcher, I am familiar with studies that highlight exactly this challenge. I cannot speak to the conflicting accounts in this case, but again, there are studies that suggest people see what they believe, vice believing what they see as you have noted in some of your blog posts (e.g. cognitive dissonance).


Nastro di Mobius: Why do you think this case received so much media attention?

Pat Philbin: In general, immediacy, location, and the inability to verify a root cause quickly create uncertainty that motivate people to want explanations.


Nastro di Mobius: Do you think media pressure had an impact on the investigation? If so, a positive one or a negative one?

Pat Philbin: If you are asking whether the U.S. government changed its way of investigating such incidents, my opinion is no - but it is only my opinion from a supporting perspective of the response.


Nastro di Mobius: How was the cooperation between all different agencies involved in the investigation? Was it easy and smooth or somehow difficult?

Pat Philbin: In general, I recall the cooperation being smooth between federal agencies because of the FBI’s role, which was designated in the aftermath of the tragedy.


Nastro di Mobius: What "lesson learned" did you gain from this case?

Pat Philbin: Government agencies must have clear policies for information release and platforms, or technologies, to facilitate the free flow of information to those who are most relevant. Trust requires that leaders be the primary authoritative source of credible information, supported by evidence to minimize the potential for unsubstantiated allegations that may emerge. Transparency is key. Trained personnel are key. Speed is key. Plans are key. The ideal “systems approach” in responding well to incidents – regardless of the type, is to have well trained personnel whose reactions are based on “muscle memory” created by clear policies, sound planning, and robust exercises, complemented by leading edge technologies and strong leadership to “stay the course” in spite of crushing demand for information until high confidence can be established of the root cause of an incident.

TWA 800: intervista all'ex responsabile delle relazioni con i media della Guardia Costiera Pat Philbin

L'originale inglese è disponibile qui.

Il volo TWA 800, che esplose e cadde nell'oceano vicino a East Moriches, nello stato di New York, il 17 luglio 1996, è uno dei casi di disastro aereo più complessi della storia degli Stati Uniti. Per spiegarci alcuni dettagli sul disastro Pat Philbin, che al tempo ea il responsabile delle relazioni con i media della Guardia Costiera, ha accettato la nostra proposta di un'intervista che offriamo di seguito ai nostri lettori.





Nastro di Mobius: In cosa questo caso è stato diverso dagli altri in cui sei stato coinvolto?

Pat Philbin: Operativamente, il caso non era diverso se non per la grandezza in termini di perdite di vite umane e per la posizione rispetto alla costa degli Stati Uniti. Dal punto di vista dei media, questi fattori causarono una sfida immediata nel valutare cosa eravamo in grado di verificare e condividere con le altre agenzie statunitensi coinvolte e nella nostra capacità di rilasciare informazioni al pubblico. La policy degli affari pubblici della Guardia Costiera riguardo alla divulgazione di informazioni è sempre stata straordinariamente trasparente e semplice. In sostanza, se una persona della Guardia Costiera aveva la responsabilità su qualcosa, aveva l'onere di rispondere alle domande con solo quattro eccezioni: se le informazioni avevano a che fare con sicurezza, accuratezza, privacy o i beni (segreti commerciali dell'azienda), in questi casi la Guardia Costiera poteva trattenere informazioni. Questo era noto come SAPP [dall'acronimo dei quattro termini in inglese, NdT].


Nastro di Mobius: Qual era la sensazione degli investigatori nelle prime fasi, prima che diventasse chiaro che il disastro era stato causato da un problema elettrico?

Pat Philbin: Ho avuto poca o nessuna interazione con gli investigatori sulla scena; tuttavia, dato che potenzialmente poteva essere legato terrorismo, il Federal Bureau of Investigation, che ha giurisdizione su queste questioni, è stato designato come principale agenzia statunitense per le indagini. La Guardia Costiera era a supporto.


Nastro di Mobius: È frequente in base alla tua esperienza che testimoni oculari forniscano resoconti contrastanti come è successo nel caso del TWA 800?

Pat Philbin: Come ricercatore, conosco gli studi che evidenziano proprio questa difficoltà. Non posso parlare dei racconti contrastanti riguardo a questo caso, ma di nuovo, ci sono studi che spiegano che le persone vedono ciò a cui credono, invece di credere a ciò che vedono come hai spiegato in alcuni dei tuoi post sul blog (ad esempio la dissonanza cognitiva).


Nastro di Mobius: Perché pensi che questo caso abbia ricevuto così tanta attenzione mediatica?

Pat Philbin: In generale, l'immediatezza, la posizione e l'incapacità di dimostrare la causa principale creano rapidamente incertezza che motiva le persone a volere spiegazioni.


Nastro di Mobius: Pensi che la pressione mediatica abbia avuto un impatto sulle indagini? Se sì, è stato positivo o negativo?

Pat Philbin: Se stai chiedendo se il governo degli Stati Uniti ha cambiato il suo modo di indagare su tali incidenti, la mia opinione è no, ma è solo la mia opinione dal punto di vista del supporto che abbiamo fornito.


Nastro di Mobius: Com'è stata la collaborazione tra le varie agenzie coinvolte nelle indagini? È stata facile e scorrevole o ci sono state difficoltà?

Pat Philbin: In generale, ricordo che la cooperazione tra le agenzie federali sia stata agevole a causa del ruolo dell'FBI, che è stato designato all'indomani della tragedia.


Nastro di Mobius: Quale lezione ti ha insegnato questo caso?

Pat Philbin: Le agenzie governative devono avere politiche chiare per il rilascio di informazioni e piattaforme, o tecnologie, per facilitare il libero flusso di informazioni verso chi è più importante che le abbia. La fiducia richiede che i leader siano la principale fonte autorevole di informazioni credibili, supportate da prove per ridurre al minimo la possibilità di eventuali accuse infondate. La trasparenza è fondamentale. Il personale preparato è fondamentale. La velocità è fondamentale. La pianificazione è fondamentale. L'"approccio sistemico" ideale per rispondere al meglio agli incidenti, indipendentemente dal tipo, è di disporre di personale ben preparato le cui reazioni si basino sulla "memoria muscolare" creata da procedure chiare, una solida pianificazione ed esercitazioni concrete, uniti a tecnologie all'avanguardia e una forte leadership per "mantenere la rotta" nonostante la schiacciante richiesta di informazioni fino a quando non sarà possibile stabilire una buona sicurezza sulla causa principale di un incidente.

25 novembre 2020

Cosa sappiamo finora sul monolito trovato nello Utah

Lo scorso 18 novembre il Dipartimento di Pubblica Sicurezza dello Utah stava conducendo una spedizione in elicottero insieme allo Utah Division of Wildlife Resources (ente statale che si occupa della tutela della fauna selvatica) per valutare la numerosità dei bighorn (ovino altrimenti noto come pecora delle Montagne Rocciose) quando i membri dell'operazione hanno avvistato un monolito metallico di forma prismoidale in un'area nascosta. Ovviamente da quanto la notizia è apparsa sui media si sono rincorse le più svariate teorie su cosa sia: da un'installazione aliena a un dispositivo per una tecnologia nuova e misteriosa.


Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza ha emanato un comunicato (nota: il sito non è accessibile dall'Italia, richiede un IP negli Stati Uniti) in cui specifica che il luogo esatto del ritrovamento non è stato reso noto perché è un'area remota e pericolosa, pertanto se qualcuno provasse a raggiungerla si potrebbe trovare in situazione di pericolo e necessitare di intervento di squadre di soccorso. Il comunicato è comunque ricco di foto e di video, da cui si evince che uno degli spigoli del prisma è rivolto verso una spaccatura della roccia. Il monolito è di acciaio inossidabile ed è alto tra tre metri e tre metri e mezzo. L'oggetto è infilzato nel terreno, ma non si sa quanto in profondità, e nemmeno si sa da quanti anni si trovi lì. Alcuni utenti di Reddit lo hanno comunque individuato con precisione su Google Earth e, grazie alla localizzazione, il ricercatore H.I Sutton è riuscito a verificare che il monolito è stato posto in quel luogo tra agosto del 2015 e ottobre del 2016.

L'ipotesi più probabile è che si tratti di un'opera d'arte. É questo fin da subito il parere del pilota dell'elicottero che ha trovato il monolito, Bret Hutchings, secondo cui l'oggetto è stato creato da qualche appassionato di 2001: Odissea Nello Spazio; dello stesso avviso è la rivista di settore The Art Newspaper secondo cui lo stile è molto simile a quello dell'artista John McCracken, deceduto nel 2011; l'oggetto potrebbe quindi essere di sua produzione, visto che McCracken aveva vissuto a nord del vicino New Mexico negli ultimi anni della sua vita, oppure di un imitatore.

Il Dipartimento ha aggiornato la sua dichiarazione il 24 novembre per sottolineare che l'occupazione di suolo pubblico senza autorizzazione è illegale, la nota specifica anche no matter what planet you’re from (da qualunque pianeta proveniate). Entro lunedì 30 novembre il Bureau of Land Management (ente governativo che gestisce i territorio) dovrà decidere se aprire un'indagine o rimuovere l'oggetto se dovesse causare problemi alla fauna selvatica.



Aggiornamento 29/11/2020


Il Bureau of Land Management ha emesso un comunicato in cui annuncia che il monolito è stato rimosso da ignoti e non si trova più nella posizione in cui era stato trovato. Il Bureau ha aggiunto che l'oggetto era considerato proprietà privata e che quindi un'eventuale riguardo a un furto dello stesso ricadrebbe nell'ambito di competenza dello sceriffo della contea. Ovviamente resta anche possibile che l'oggetto sia stato asportato da chi lo aveva in precedenza posizionato il quel luogo.

Il canale televisivo di Salt Lake City KSL aggiunge (nota: il sito non è accessibile dall'Italia, richiede un IP negli Stati Uniti) che al posto del monolito è stata posta una piramide di dimensioni ridotte e apparentemente dello stesso materiale.



Aggiornamento 03/12/2020


L'appassionato di sport estremi e BASE jumper Andy Lewis ha postato su YouTube un video un cui dimostra di essere stato lui, insieme a tre altre persone, a rimuovere il monolito per evitare che persone interessate potesssero decidere andare a vederlo contaminando così la natura.

L'ufficio dello sceriffo della contea di San Juan ha inoltre dichiarato di non avere le risorse per indagare il furto, tuttavia di essere interessato a ricevere aggiornamenti da eventuali testimoni qualora ce ne fossero.

23 novembre 2020

La morte di Heath Ledger


Il 22 gennaio del 2008 Heath Ledger, uno degli attori più promettenti del cinema del nuovo millennio, fu trovato senza vita nel suo appartamento al numero 421 di Broome Street, nel quartiere di SoHo di Manhattan, ucciso da un cocktail letale di farmaci. L'attore australiano si trovava a New York per girare il film The Imaginarium of Doctor Parnassus, uscito postumo l'anno seguente. Avrebbe compiuto ventinove anni poco più di due mesi dopo e aveva da poco finito di girare il secondo capitolo della trilogia di Batman diretta da Christopher Nolan, The Dark Knight, nei panni del Joker, che gli valse un Oscar come migliore attore non protagonista e che quando l'attore morì era in fase di post-produzione.


Per accertare la causa della morte di Heath Ledger fu necessaria anche un'indagine federale da parte della DEA, ma tuttora a più di dieci anni molti sostengono ancora che le cose siano andate diversamente.


I fatti di base


Heath Ledger si era trasferito in un loft a SoHo pochi mesi prima di perdere la vita, dopo essere stato cacciato dalla casa nel quartiere Boerum Hill di Brooklyn in cui aveva vissuto con l'attrice Michelle Williams da cui nel 2005 aveva avuto una figlia. Ledger prese quindi in affitto il loft di SoHo di circa quattrocento metri quadri che gli costava venticinquemila dollari al mese.

Il 21 gennaio del 2008 Heath parlò al telefono con la sorella Kate Ledger che si trovava a Perth. Kate rivelò in seguito che il fratello le era sembrato allegro, di buon umore e che non manifestò nessun segno che lasciasse pensare a tendenze suicide.

Non sappiamo a che ora Heath si stese a letto quella sera, ma sappiamo che alle 12:30 del 22 gennaio, quando arrivò la governante Teresa Solomon, stava ancora dormendo. Intorno alle 13 la donna entrò nella stanza dell'attore e lo sentì russare; pensando che non ci fosse nulla di allarmante proseguì quindi nel suo lavoro. Alle 14:45 arrivò nel loft anche la massaggiatrice Diana Wolozin con cui Ledger aveva un appuntamento. Non vedendolo arrivare provò a chiamarlo al cellulare intorno alle 15, ma non ottenne risposta. La massaggiatrice entrò quindi nella camera in cui dormiva l'attore e lo trovò ancora steso a letto, cercò di svegliarlo ma Heath Ledger non si muoveva. Diana si allarmò, prese il cellulare di Heath e premette il tasto di chiamata rapida con cui chiamò l'attrice Mary-Kate Olsen, amica di Heath Ledger, per chiederle aiuto. La Olsen, che si trovava in California, disse che avrebbe chiamato una società di bodyguard privata a New York di sua conoscenza e fiducia. Diana alle 15:26 chiamò il 911 che le diede istruzioni telefoniche su come provare a rianimarlo, ma i tentativi furono vani.

I paramedici arrivarono alle 15:33, quasi in contemporanea con le guardie personali chiamate da Mary-Kate. Gli operatori sanitari stesero Heath sul pavimento dove provarono a rianimarlo con un defibrillatore, ma neanche questo tentativo servì. Alle 15:36 Heath Ledger fu dichiarato morto. In quegli istanti concitati, arrivò sulla scena anche la polizia di New York che interrogò subito i cinque testimoni: Teresa Solomon, Diana Wolozin e le tre guardie private. Gli agenti conclusero che non c'era motivo di pensare che Heath Ledger fosse stato ucciso, perché i testimoni collaboravano con gli inquirenti e dalle loro testimonianze non emerse nulla di sospetto. L'unico problema che emerse fu che Diana Wolozin non aveva la licenza per fare la massaggiatrice e il suo lavoro era quindi illegale, ma questo ovviamente non fa pensare a un omicidio.

Nella stanza fu trovata una confezione di sonniferi e altrove nella casa altre medicine che richiedono prescrizione medica. L'amico Gerry Grennell, che visse con Ledger negli ultimi mesi della sua vita a SoHo, confermò che Heath aveva problemi a dormire e che usava dosi eccessive di medicinali per cercare un po' di riposo. L'autopsia confermò infatti che Heath Ledger era morto per overdose accidentale di sonniferi, antidolorifici e ansiolitici. Una nota scritta del medico legale chiarì che l'intossicazione era stata causata dagli effetti combinati di ossicodone, idrocodone, diazepam, temazepam, alprazolam e doxilamina.

Chiarita la causa del decesso, restò da chiarire perché Ledger ingerisse una tale quantità di farmaci e chi glieli avesse prescritti. Infatti è molto raro che un medico prescriva diazepam, alprazolam e temazepam a un singolo paziente; ancora meno probabile era che li prescrivesse a un paziente che già assumeva ossicodone o idrocodone.


Le indagini


La Drug Enforcement Administration indagò su due medici, a Houston e a Los Angeles, che avevano prescritto medicinali a Heath Ledger nel periodo precedente alla sua morte. L'agenzia stabilì comunque che nessuno dei due aveva prescritto a Ledger le medicine che lo avevano ucciso, ma gli avevano dato prescrizioni per altri medicinali; i due medici furono quindi scagionati. Nell'ambito della medesima indagine, Mary-Kate Olsen dichiarò che non avrebbe parlato agli inquirenti se non le fosse stata garantita l'immunità, l'avvocato dell'attrice aggiunse che a dispetto delle speculazioni dei tabloid la sua cliente non aveva fornito i farmaci a Ledger e non sapeva da dove questi li avesse presi.


Il 6 agosto l'indagine venne chiusa senza che la Olsen venisse chiamata a testimoniare, il coroner stabilì che Heath Ledger era morto per intossicazione involontaria da farmaci. La DEA non riuscì a chiarire chi avesse fornito a Ledger i medicinali che lo hanno condotto alla morte, l'agenzia ritiene che l'attore se li fosse procurati con prescrizioni false o con altri simili mezzi illegali. L'unico colpevole della morte di Heath Ledger è quindi Heath Ledger stesso.

Nel 2017 il patologo forense Jason Payne-James studiò il caso per la puntata della trasmissione televisiva Autopsy: The Last Hours of... dedicata a Heath Ledger e giunse alla conclusione che l'attore sarebbe sopravvissuto se solo avesse tolto dalla combinazione letale l'idrocodone e l'ossicodone. Payne-James aggiunse che Ledger soffriva di un'infiammazione al petto, che gli causava una tosse fastidiosa, che contribuì al blocco respiratorio che lo uccise.


Il suicidio di Andrew Koenig e la presunta maledizione del Joker


Due anni dopo la morte di Heath Ledger un altro attore che aveva interpretato il Joker perse la vita in circostanze tragiche. Il 25 febbraio l'attore Andrew Koenig, che aveva interpretato il Joker nel cortometraggio Batman: Dead End del 2003 diretto da Sandy Collora, fu trovato impiccato nello Stanely Park di Vancouver, vittima di un apparente suicidio. Da allora si è diffusa in rete la teoria del complotto della maledizione del Joker secondo cui chiunque abbia interpretato il celebre antagonista di Batman avrebbe avuto conseguenze funeste.

Andrew Koenig nei panni del Joker

In realtà Heath Ledger ed Andrew Koenig sono gli unici casi del genere, perché altri attori che hanno interpretato il Joker, come Jack Nicholson, Cesar Romero, Joaquin Phoenix e Jared Leto, non hanno avuto conseguenze negative e la loro carriera è proseguita senza particolari problemi. Quella della maledizione del Joker è quindi solo una leggenda metropolitana.

13 novembre 2020

L'origine della teoria del complotto degli Illuminati

Una delle più popolari teorie del complotto contemporanee è quella secondo cui una setta segreta chiamata Illuminati vorrebbe prendere il controllo dell'intero pianeta attraverso l'instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale.


Cercando in rete l'origine di questa setta, si trova facilmente una società segreta omonima fondata in Baviera nel 1776, che era composta da un gruppo di intellettuali che si opponevano alle influenze della religione nella vita quotidiana; tuttavia gli Illuminati tedeschi del 1700 non c'entrano nulla con la recente teoria del complotto che ha un'origine del tutto diversa. Un articolo della BBC spiega infatti che la teoria cospirazionista attuale parte da un libello pubblicato nel 1963 intitolato Principia Discordia, che si poneva come il manifesto di una setta, di fatto inesistente, dedita al culto di Eris, dea della discordia. Il libro fu autoprodotto ad opera degli autori Greg Hill e Kerry Wendell Thornley ed era sostanzialmente una burla che si proponeva come parodia delle religioni e delle sette.

La teoria esposta nel libro si basava su tre principi: il principio dell'ordine, il principio del disordine e la nozione che entrambi sono mere illusioni e invenzioni della mente umana, perché l'unico ordine naturale è il caos assoluto. I seguaci della setta, detti Discordiani, dovevano quindi compiere atti di disobbedienza civile e diffondere scherzi e notizie false al fine di diffondere il caos in modo non troppo serio.

Thornely e un suo amico, Robert Anton Wilson, colsero però uno spunto diverso e giunsero alla conclusione che il mondo era troppo ordinato e controllato, e decisero che fosse opportuno riportare il caos diffondendo disinformazione. Wilson lavorava come autore presso Playboy e insieme a Thornely iniziò a mandare alla rivista false lettere di lettori che denunciavano l'esistenza di una setta segreta e totalitaria chiama Illuminati; i due poi iniziarono a mandare altre lettere che contraddicevano le prime. Lo scopo, secondo gli autori, era quello di gettare discredito sui mezzi di informazione, che finivano per pubblicare notizie contrastanti, in modo da stimolare i lettori a indagare le informazioni autonomamente.

Wilson andò ancora oltre, scrivendo una serie di libri che parlavano degli Illuminati, di come questi controllassero il mondo e di come alcuni fatti della cronaca recente, come gli omicidi dei fratelli Kennedy o di Martin Luther King, fossero stati orchestrati proprio da loro. I tre libri più celebri sull'argomento furono poi raccolti in una trilogia chiamata The Illuminatus! Trilogy che resta ad oggi il più celebre volume sull'argomento.

In realtà a distanza di quasi sessant'anni non è facile capire se l'intento originale degli autori fosse ironico (per mettere il risalto l'assurdità delle teorie del complotto), se fosse serio o se fosse solo una trovata commerciale per vendere libri. Il risultato comunque è che quella degli Illuminati è oggi una tra le più famose teorie del complotto, diffusa grazie a internet ma anche da spettatori poco accorti che hanno preso troppo sul serio film come Angeli e Demoni o da chi crede che star della musica come Jay-Z e Beyoncé siano a conoscenza di realtà scomode, per il fatto di compiere con le mani il gesto del triangolo, che richiamerebbe l'occhio della provvidenza, durante i loro concerti.

In ogni caso, chi oggi crede alla teoria degli Illuminati è vittima fondamentalmente di uno scherzo, perché la teoria è stata creata a tavolino. Questo esempio, comunque, è sufficiente a spiegare che inventare una simile teoria per gioco può avere effetti disastrosi e molto più vasti di quanto l'autore originale possa immaginare e che quindi fare una cosa del genere è un gesto completamente scellerato.

2 novembre 2020

Che danni fanno le fake news?

La fake news sono una delle principali minacce dell'era moderna e dietro di esse si cela una vera e propria industria della disinformazione portata avanti da fabbriche di troll, spesso supportate da governi, create appositamente per produrle e diffonderle. Alcuni studi recenti sembrano dimostrare che le fake news non sarebbero efficaci nel sovvertire il risultato di elezioni, perché l'essere umano agisce sempre in coerenza con il proprio confirmation bias e quindi non cambia idea quando viene posto di fronte a informazioni con cui non concorda. Pertanto chi intende votare in una certa direzione non cambierà le proprie convinzioni di fronte a informazioni che tendono dalla parte opposta, sia che siano vere sia che siano false.


Tuttavia il problema non è così banale e basta una semplice considerazione a confermarlo: se le fake news non hanno effetti, perché alcuni governi e alcune agenzie continuano a produrle e diffonderle investendoci enormi capitali?

Anzitutto va considerato che gli studi secondo cui le fake news non sono efficaci si basano sul comportamento delle persone sui social network che, è bene ricordarlo, non sono uno specchio del mondo reale, perché solo gli utenti più polarizzati si imbarcano in lunghe discussioni sulle reti sociali; inoltre se le fake news riescono a condizionare anche solo un gruppo numericamente limitato di indecisi, possono di conseguenza influenzare l'esito di elezioni che si combattono per pochi punti percentuali.

Chiarito questo primo aspetto, il problema è comunque molto più complesso e lo scopo dei troll non è solo quello di influenzare i risultati elettorali, ma anche (e soprattutto) quello di creare tensione sociale e sfiducia nei confronti delle istituzioni, come confermato recentemente da varie dichiarazioni ufficiali di esponenti di agenzie federali degli Stati Uniti.

Il direttore dell'FBI Christopher Wray ha dichiarato a settembre di quest'anno durante una seduta dello United States House Committee on Homeland Security (comitato del congresso responsabile della legislazione sulla sicurezza) che la Russia ha tentato di influenzare le elezioni presidenziali del 2020 non solo cercando di denigrare il candidato democratico Joe Biden, ma anche di seminare discordia e divisione tra la popolazione. Nello stesso mese l'FBI e la CISA (Cybersecurity and Infrastructure Security Agency, nata nel 2018 per volere di Donald Trump) hanno pubblicato un annuncio in cui avvisano la popolazione che enti riconducibili a governi esteri potrebbero dopo le elezioni del 3 novembre, nel periodo necessario allo scrutinio, diffondere informazioni false riguardo a brogli, attacchi informatici alle piattaforme di voto o altri problemi analoghi allo scopo di minare la fiducia della popolazione nella legittimità delle elezioni.

Un rapporto sulla sicurezza nazionale dello United States Department of Homeland Security (dipartimento per la sicurezza nazionale creato dopo l'11 settembre) riporta che i troll di stato (vengono citati la Russia, l'Iran e la Cina) mirano a indebolire gli Stati Uniti allo scopo di rafforzare la posizione mondiale dei propri governi, e per fare ciò hanno come obiettivo seminare discordia, esacerbare le posizioni degli elettori, creare tensione sociale, fare apparire i governi occidentali incapaci di gestire la pandemia e minare la fiducia nella correttezza delle elezioni e nei media.

Le azioni atte a seminare rabbia e dividere la popolazione sembrano funzionare bene, al punto che l'FBI considera le teorie del complotto una minaccia terroristica interna e che recentemente un gruppo deviato di estrema destra fomentato dalla fake news sulla pandemia aveva tramato per rapire la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer.

Se quindi alcuni studi suggeriscono che le elezioni non vengono influenzate dai troll, non è assolutamente il caso di sminuire la loro pericolosità, perché ciò a cui mirano è in realtà molto più distruttivo.

Why is fake news so harmful?

Fake news is one of the main threats of the modern era and behind it lies a real industry of disinformation carried on by troll factories, often supported by governments, created specifically to produce and spread it. Some recent studies seem to show that fake news would not be effective in subverting the outcome of elections, because human beings always act in accordance with their own confirmation bias and therefore don't change their minds when confronted with information with which they don't agree. Therefore, those who intend to vote in a certain direction will not change their beliefs upon encountering pieces of information that support a different view, whether it is true or false.


However, the problem is not so trivial and a simple consideration is enough to confirm it: if fake news has no effect, why do some governments and agencies invest enormous capitals to produce and disseminate it?

First of all it must be considered that the studies according to which fake news is not effective are based on the behavior of people on social networks which, it should be remembered, are not a mirror of the real world, because only the most polarized users embark on long discussions on social networks; moreover, if fake news can affect even a numerically limited group of undecided people, it can consequently influence the outcome of elections for which percentages are close.

Having clarified this first aspect, the problem is however much more complex and the purpose of the trolls is not only to influence the electoral results, but also (and above all) to create social tension and mistrust in the institutions, as recently confirmed by various official statements by representatives of US federal agencies.

FBI Director Christopher Wray declared in September of this year in front of the United States House Committee on Homeland Security that Russia attempted to influence the 2020 presidential election not only by trying to denigrate the Democratic candidate Joe Biden, but also to sow discord and division among the population. In the same month, the FBI and the CISA (Cybersecurity and Infrastructure Security Agency) published an announcement in which they warned the population that entities attributable to foreign governments could after the elections on November 3, in the scrutiny period, disseminate false information regarding frauds, cyber attacks on voting platforms or other similar problems in order to undermine the confidence of the population in the legitimacy of the elections.

A national security report from the United States Department of Homeland Security states that state trolls (Russia, Iran and China are mentioned) aim at weakening the United States in order to strengthen the standing in the world of their own governments, and to do so they aim to sow discord, exacerbate voters' positions, create social tension, make Western governments appear unable to manage the pandemic and undermine confidence in the legitimacy of elections and in the media.

Actions to sow anger and divide the population seem to work well, to the point that the FBI considers conspiracy theories an internal terrorist threat and that recently a deviant far-right group fueled by fake news about the pandemic had plotted to kidnap the governor of Michigan Gretchen Whitmer.

Therefore, even if some studies suggest that elections are not influenced by trolls, we must not underrate how dangerous they are, because what they are trying to achieve is actually much more destructive.

9 ottobre 2020

Cosa dice l'affidavit dell'FBI sul complotto per rapire Gretchen Whitmer

L’8 ottobre l’FBI ha rilasciato un affidavit (nel common law dichiarazione spontanea avente valore di prova in tribunale) riguardo a una cospirazione da parte di un gruppo di estrema destra al fine di rapire o uccidere la governatrice del Michigan Gretchen Whitemar. I nomi delle persone a cui è rivolta l’accusa sono Adam Fox, Barry Croft, Ty Garbin, Kaleb Franks, Daniel Harris e Brandon Caserta; tutti residenti nel Michigan, tranne Croft che risiede nel Delaware. Il documento, redatto dall'agente speciale Richard J. Trask, riguarda l’indagine svolta dal bureau con il supporto di un agente sotto copertura e tre informatori.


All'inizio del 2020 alcune di persone, tra cui Fox e Croft, hanno iniziato a scrivere sui social network dei post in cui invitavano altri a unirsi a loro per un’azione volta a sovvertire i governi dei singoli stati della federazione che secondo loro violavano la costituzione degli Stati Uniti. Una prima riunione di persone così reclutate si è tenuta il 6 giugno allo scopo di creare una società che avesse come obiettivo il rispetto della costituzione degli USA e intraprendere azioni violente contro il governo del Michigan e delle forze di polizia.

Nei loro tentativi di reclutare nuovo personale, Fox è entrato in contatto con il gruppo militante del Michigan (uno della miriade di movimenti delle delle milizie degli Stati Uniti) Wolverine Watchmen che da tempo veniva seguito dall’FBI per aver tentato di recuperare indirizzi di abitazioni di agenti di polizia e all'interno del quale l’FBI aveva già un informatore.

Il gruppo dei sei cospiratori insieme ai Wolverine Watchmen hanno discusso tra giugno e agosto vari piani per rapire o uccidere la governatrice. Il piano originale prevedeva di invadere il Campidoglio di Lasing, sede del governo dello stato, con duecento persone e prendere ostaggi tra cui Gretchen Whitmer; in seguito hanno valutato anche le possibilità di rapirla nelle vicinanze della sua abitazione nella capitale oppure presso la sua seconda casa sul lago Michigan. I cospiratori comunicavano tra loro con vari canali: chat criptate, conversazioni telefoniche in cui usavano un linguaggio “in codice” (ad esempio parlando di inviare alla governatrice una “torta” per intendere una bomba) o incontri in presenza a casa di uno dei sei.

In una diretta su un gruppo Facebook privato, Fox ha cercato di reclutare nuovo personale, definendo nel suo discorso la Whitmer questa puttana tiranna (this tyrant bitch in originale) accusandola di violare la costituzione per il fatto che intendeva regolamentare l’apertura delle palestre a causa della pandemia da COVID-19. Vari membri del gruppo stavano anche acquistando armamenti, quali caschi, taser e visori notturni per portare a compimento la propria missione.

Il piano finale prevedeva di rapire o uccidere (non era chiaro nemmeno nelle ultime fasi della pianificazione) la governatrice presso la casa al lago. I cospiratori hanno anche compiuto due sopralluoghi nella zona (il 29 agosto e nella notte tra il 12 e il 13 settembre) durante i quali hanno pianificato l’attacco che avrebbe dovuto svolgersi con l’esplosione di un piccolo ordigno che avrebbe distolto l’attenzione della polizia dalla casa di Gretchen Whitmer, la distruzione con esplosivi di un ponte nelle vicinanze in modo da rallentare l’arrivo delle forze dell’ordine, l’attacco alla donna e infine la fuga in barca attraverso il lago. L’agguato doveva avvenire entro le elezioni presidenziali del 3 novembre.

Oltre ai sei uomini sopra citati, anche sette membri dei Wolverine Watchmen sono sotto accusa. I Wolverine Watchmen, il cui sito internet è stato disattivato ma che è ancora consultabile attraverso servizi come Archive.org, conteneva un documento di 31 pagine su chi sono e che spiegava come secondo loro il governo dovrebbe avere potere limitato e riguardo alla democrazia diceva che è come “quattro lupi e un agnello che si accordano su cosa mangiare per cena”. I Wolverine Watchmen nascono come costola della Michigan Militia nata a metà degli anni 90.

Questo episodio, fortunatamente sventato dall’FBI, dimostra quanto questi gruppi autocefali di estrema destra siano pericolosi e anche come le teorie del complotto possano esacerbare gli animi di persone instabili e portarle a gesti estremi. Fortunatamente l’FBI, che per citare le parole dell'ex agente speciale Peter Ahearn da noi intervistato su un altro caso, non è perfetto ma è molto vicino all'esserlo, non ha permesso che il loro piano si realizzasse. Ma la pericolosità di questi gruppi sta nel fatto che anche se falliscono cento volte, è sufficiente che riescano nel loro intento una sola volta per causare danni irreparabili.

2 ottobre 2020

Cosa dice l'aumento dei contagi su quando il virus è passato all'uomo

In passato abbiamo spiegato, attingendo dal principio filosofico del Rasoio di Occam, perché è estremamente improbabile che il virus SARS-CoV-2 sia passato all'uomo prima dell'inizio di dicembre 2019. Da fine luglio si assiste a un aumento dei contagi in molte nazioni europee tra cui l'Italia e la modalità con cui i contagi stanno aumentando conferma che con ogni probabilità l'epidemia non è iniziata prima dei primi casi accertati a Wuhan.
Totale positivi. Dati aggiornati al 2 ottobre 2020.

Limitiamo l'analisi ai numeri della pandemia in Italia, ma il ragionamento è facilmente estendibile a qualunque altra nazione. Come si vede dal grafico sovrastante, nonostante il numero dei contagi sia di nuovo in aumento, la pendenza della curva nelle ultime settimane è notevolmente minore di com'era tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo. Il motivo è da individuarsi nelle misure di contenimento in atto: nei locali pubblici è obbligatoria la mascherina, in molti posti è obbligatoria anche la disinfezione delle mani, viene praticato il distanziamento sociale, negli uffici vengono sanificate le scrivanie e molte altre norme analoghe vengono applicate. In ogni caso, alcune misure di sicurezza, seppure più blande, erano in atto già a febbraio, come la misurazione della temperatura per chi proveniva dalla Cina, e le stesse sono state rapidamente inasprite dopo l'accertamento dei primi casi: ad esempio sono state chiuse le scuole, i ristoranti, i bar, sono state sospese le proiezioni cinematrografiche, le attività teatrali e i concerti, e molte aziende hanno consentito ai propri dipendenti di lavorare da casa già da prima che entrasse in vigore il lockdown.

Inoltre a marzo veniva eseguito un numero di tamponi molto più basso di quello attuale, come mostrato dai grafici seguenti, e la percentuale di tamponi positivi era notevolmente più alta. Il numero di positivi di allora è quindi ampiamente sottostimato rispetto al numero di tamponi che viene fatto adesso.
Numero tamponi giornalieri. Dati aggiornati al 2 ottobre 2020.


Percentuale tamponi positivi. Dati aggiornati al 2 ottobre 2020.

Questo ci porta a concludere che se il virus fosse stato diffuso già prima di dicembre 2019 (e abbiamo spiegato nel precedente articolo sull'argomento perché sarebbe impossibile che non si fosse anche diffuso in tutti i continenti) il contagio si sarebbe diffuso molto più rapidamente di quanto ha fatto tra fine febbraio e inizio marzo, perché di misure in atto non ce n'erano del tutto. I contagi avrebbero quindi dovuto essere centinaia di migliaia e le terapie intensive sarebbero state piene già a novembre. Tutto ciò non è successo, semplicemente perché in assenza di evidenze maggiori il fatto che il virus sia passato all'uomo prima di quanto risulta ufficialmente è solo una leggenda metropolitana.

20 agosto 2020

From COVID-19 to the explosion in Beirut: why we believe fake news

2020 will certainly be remembered as one of the most disastrous years of recent decades: from the crisis between the US and Iran, to the wild fires in Australia, to the COVID-19 pandemic and the explosion at the port of Beirut. As these events unfold around us the world is getting more and more connected, news travels faster than light and immediately after the frightening explosion that occurred on the 4th of August in the Lebanese capital, videos of that terrible event spread around the planet and in less than a minute the images of the disaster were visible in the four corners of the globe.

While correct information reaches users in an increasingly rapid and widespread way, fake news also multiplies at the same speed. Often it is created by real disinformation industries (such as the Internet Research Agency in St. Petersburg), but aside from the reasons why it is created it is surprising that it has so much following and that readers are literally at the mercy of professional fake news developers.

Actually there are at least three emotional reasons why fake news has so much success and which also confirm how the alleged rationality of the human being is often widely overestimated.


Confirmation bias


We are all victim of our own confirmation bias. That means that when we scroll through the news on the homepage of a newspaper or on a social network we are more attracted by the pieces that confirm our vision of the world, to the point that we may not see at all those who oppose it. For example, if we do not trust government institutions we will end up believing more easily the theories according to which governments hide the truth from us, therefore we will think that the SARS-Cov2 virus was not born in nature, but escaped from a laboratory, or that the explosion Beirut was an attack ordered by some foreign government (usually the US and Israel are the main targets of alternative theories).


Conspiracy theories offer quick answers


When we are emotionally affected by an event (even if only because we see it on TV, without being actually present) human nature pushes us to want to know in the shortest possible time why and how the event that hit us occurred, because knowing it relieves the discomfort. And while under stress we usually produce negative thoughts. This causes quick explanations that give an answer to "Why did this happen?" to be accepted and conspiracy theories usually arrive long before official explanations, because investigations take months and even years.

Therefore rather than believing that we do not yet know which animal acted as a link between bat and man, we prefer a complete explanation such as that that it is a biological weapon. Similarly, rather than accepting that we do not know what material exploded at the port of Beirut and how it was triggered, we prefer to accept a full, even if potentially wrong, explanation: such as it was material seized from Hamas or that it was a military or terrorist attack on Beirut disguised as something different.


Conspiracy theories bring order to chaos


The human mind does not like chaos, and prefers order. Thinking that the explosion in Beirut or the COVID-19 pandemic were events that happened by chance, and that more precise controls would have been enough to prevent them clashes with the scale of the disaster they caused. We prefer to believe that there is a conspiratorial design behind it and that everything was planned. This phenomenon is particularly evident in the cases of the premature deaths of stars of music, cinema and sports. We have a hard time believing that a lonely madman killed John Lennon, we hardly believe that stress and pressure led to Kurt Cobain to shoot himself. We prefer to believe that the world is orderly and that there is a conspiracy behind it all.

5 agosto 2020

Dal COVID-19 all'esplosione a Beirut: perché crediamo alle fake news

Il 2020 verrà sicuramente ricordato come uno degli anni più ricchi di eventi nefasti degli ultimi decenni: dalla crisi tra USA e Iran, agli incendi in Australia fino alla pandemia da COVID-19 e all'esplosione al porto di Beirut. Mentre questi eventi si svolgono attorno a noi il mondo è sempre più connesso, le notizie viaggiano più veloce della luce e subito dopo la spaventosa esplosione avvenuta il 4 agosto nella capitale libanese i video di quel terribile evento hanno fatto il giro del pianeta e in meno di un minuto le immagini del disastro erano visibili ai quattro angoli del globo.


Mentre le informazioni corrette raggiungono i fruitori in modo sempre più rapido e capillare, anche le fake news si moltiplicano alla stessa velocità. Spesso vengono create da vere e proprie industrie della disinformazione (come la Internet Research Agency di San Pietroburgo), ma a parte il motivo per cui vengono create stupisce il fatto che abbiano così tanto seguito e che i lettori siano letteralmente in balia di bufalari professionisti.

In realtà esistono almeno tre motivi di carattere emotivo per cui le fake news hanno così tanta presa e confermano anche come la presunta razionalità dell'essere umano è spesso ampiamente sopravvalutata.


Il confirmation bias


Ciascuno di noi è vittima del proprio bias di conferma. Ovvero quando scorriamo le notizie sull'homepage di un giornale o su un social network siamo più attratti da quelle che confermano la nostra visione del mondo, fino al punto che quelle opposte potremmo non vederle del tutto. Ad esempio se non abbiamo fiducia nelle istituzioni governative finiremo per credere più facilmente alle teorie secondo cui i governi ci nascondono la verità, penseremo quindi che il virus SARS-Cov2 non si nato in natura, ma sfuggito da un laboratorio, o che l'esplosione di Beirut sia stata un attacco ordinato da qualche governo estero (di solito USA e Israele sono i principali bersagli delle teorie alternative).


Le teorie del complotto offrono risposte rapide


Quando siamo colpiti emotivamente da un evento (anche solo perché lo vediamo in TV, senza essere presenti) la natura umana ci porta a volere sapere nel più breve tempo possibile perché e come l'evento che ci ha colpito si è verificato, perché saperlo allevia il disagio. E di solito sotto stress produciamo pensieri negativi. Questo fa sì che si accettino delle spiegazioni rapide che diano una risposta al "Perché è successo?" e di solito le teorie del complotto arrivano molto prima delle spiegazioni ufficiali, perché le indagini richiedono mesi e a volte anni.

Pertanto piuttosto che credere che non sappiamo ancora quale animale abbia fatto da tramite tra il pipistrello e l'uomo, preferiamo una spiegazione completa come quella secondo cui si tratta di un'arma biologica. Allo stesso modo, piuttosto che accettare che non sappiamo quale materiale sia esploso al porto di Beirut e come si sia innescato, preferiamo accettare una spiegazione completa anche se potenzialmente sbagliata: come quella che si tratti di materiale sequestrato ad Hamas o che si sia trattato di un attacco militare o di un attentato.


Le teorie del complotto mettono ordine nel caos


La mente umana non ama il caos, e preferisce l'ordine. Pensare che l'esplosione a Beirut o la pandemia da COVID-19 siano stati eventi capitati per caso, e che sarebbe bastato qualche controllo più preciso per evitarli stride con la portata del disastro che hanno causato. Preferiamo credere che ci sia dietro un disegno cospiratorio e che il tutto sia stato pianificato. Questo fenomeno è particolarmente evidente nei casi delle morti premature dei divi della musica, del cinema e dello sport. Facciamo fatica a credere che un pazzo solitario abbia ucciso John Lennon, facciamo fatica a credere che lo stress e la pressione abbiano portato Kurt Cobain a spararsi. Preferiamo credere che il mondo sia ordinato e che dietro a tutto ciò ci sia una cospirazione.

1 agosto 2020

La morte di Brandon Lee

La storia del cinema è spesso funestata da eventi drammatici, e alle volte il destino gioca brutti scherzi come quando il figlio di un attore morto a trentatré anni in circostanze apparentemente misteriose perde la vita ucciso per errore sul set.

È questo quanto accaduto il 31 marzo del 1993, quando Brandon Lee, figlio della leggenda del cinema di arti marziali Bruce Lee, rimase ucciso a ventotto anni appena compiuti sul set di quello che sarebbe rimasto per sempre il suo ultimo film per un'assurda fatalità.


I fatti di base


Brandon Lee trascorse gli ultimi tre mesi della sua vita a Wilmington, in North Carolina, dove stava girando Il Corvo, che partì come film a basso budget ma negli anni e decenni seguenti diventò un cult anche a causa dei tragici fatti che avvennero durante le riprese. Dovendo girare un film che si svolgeva prevalentemente di notte, Brandon stava seguendo una routine piuttosto insolita, svegliandosi alle 16, lavorando tutta la sera e la notte e andando a dormire alle 9 del mattino.

Il 30 marzo del 1993 Brandon andò come di consueto alla palestra Fitness Today, che si trovava all'interno del centro commerciale Marketplace Mall di Wilmington. Le riprese per il film erano quasi complete e Brandon prevedeva di tornare a Los Angeles l'8 di aprile. Finito l'allenamento, l'attore si spostò ai Carolco Studios (oggi noti come EUE / Screen Gems Studios) per girare una delle ultime scene del film.

Intorno alle 00:30 del 31 marzo, il cast stava girando la scena dell'omicidio di Eric Draven, il protagonista del film che torna dai morti per vendicarsi dei propri assassini. Brandon, nei panni di Eric, avrebbe dovuto entrare in una stanza con in mano un sacco della spesa, nella stanza avrebbe trovato Funboy, interpretato da Michael Massee, che gli avrebbe sparato con un revolver calibro .44 uccidendolo. Nel sacco che Brandon teneva in mano era posizionata una piccola carica esplosiva che avrebbe dovuto simulare lo sparo.

Quando Brandon entrò nella stanza, Massee fece fuoco verso di lui da una distanza di circa tre metri con una pistola che avrebbe dovuto essere caricata a salve. Sulle prime nessuno dei presenti, in un numero imprecisato tra settantacinque e cento, si accorse di nulla; Brandon si era accasciato al suolo, aveva fatto esplodere la carica nel sacchetto e tutto sembrava procedere come previsto. Ma alla fine della ripresa l'attore non si rialzò e sotto di lui si estese un'ampia pozza di sangue.

Brandon Lee fu trasportato da un'ambulanza all'ospedale New Hanover Regional Medical Center di Wilmington dove i medici gli trovarono una ferita all'addome della dimensione di una moneta da un dollaro. Lee fu portato in sala operatoria poco dopo l'una di notte, l'operazione durò cinque ore dopo le quali fu portato in terapia intensiva. Ma Brandon Lee non si risvegliò mai e alle 13:04 fu dichiarato morto per emorragia interna.


La dinamica dell'incidente


L'incidente mortale accorso a Brandon Lee è frutto di una sfortunata quanto lunga catena di eventi. Alcune settimane prima la troupe del film acquistò in un negozio di pegni un lotto di proiettili .44. Trattandosi di proiettili attivi, uno dei responsabili decise di non lasciarli sul set e li conservò nel bagagliaio della propria auto per due settimane.

Per alcune scene del film servivano sia proiettili a salve sia proiettili inerti. Per risparmiare tempo i produttori decisero di creare entrambe le tipologie di proiettili disattivando quelli che avevano. Realizzarono le cariche a salve (blanks in inglese) riducendo la quantità di polvere da sparo fino a un quarto della capacità e togliendo l'ogiva. Per realizzare i proiettili inerti (dummy bullets) tolsero la polvere da sparo e disattivarono gli inneschi. Tuttavia per un semplice errore in almeno uno dei proiettili che avrebbero dovuto essere inerti l'innesco rimase attivo.

La troupe girò quindi la scena per la quale servivano i proiettili inerti, che prevedeva il primo piano di un caricatore durante uno sparo, e uno degli inneschi rimasti attivi diede la spinta sufficiente all'ogiva del proiettile affinché questa venisse sparata rimanendo incastrata nella canna del revolver così da incepparlo.

La pistola restò quindi inutilizzata per due settimane, fino al fatidico 31 marzo. Affinché l'effetto dello sparo di Funboy verso Draven fosse più drammatico, l'arma fu caricata con cariche a salve a pieno carico di polvere da sparo. E fu proprio una di queste a fare sì che l'ogiva rimasta incastrata venisse effettivamente sparata dalla pistola, raggiungendo all'addome Brandon Lee.


Game of Death: lo strano caso del film di Bruce Lee che predisse i fatti


Uno dei più celebri film del padre di Brandon, Bruce Lee, è il postumo Game of Death distribuito in Italia come L'ultimo combattimento di Chen aggiungendo un riferimento truffaldino al nome del protagonista di Dalla Cina con Furore con cui in realtà non ha alcun legame. Nel film Bruce Lee interpreta l'attore Billy Lo che si trova ad essere nel mirino di un gruppo di gangster che intende ucciderlo durante le riprese di un film. Uno dei gangster si intromette nella troupe e spara a Billy Lo con un proiettile vero anziché con uno caricato a salve, Billy sopravvive e decide di fingersi morto per poter sgominare la banda muovendosi inosservato. Fin qui le somiglianze con il caso di Brandon Lee sembrano sorprendenti.


In realtà il film del 1978 è un rimontaggio del lungometraggio originale scritto, diretto e prodotto proprio da Bruce Lee la cui trama era completamente diversa. Nell'originale, rimasto incompiuto e del quale sopravvivono circa quaranta minuti di girato, il protagonista è un artista marziale professionista che viene ricattato da una gang coreana che lo costringe a collaborare con loro rapendo suo fratello e sua sorella.

La trama scritta da Bruce Lee è quindi lontanissima da quanto occorso al figlio e in realtà anche le similitudini tra Game of Death del 1978 e la morte di Brandon sono piuttosto labili, perché le circostanze in cui è morto Brandon Lee sono talmente improbabili da essere praticamente impossibili da pianificare.

A distanza di quasi trent'anni, non ci sono più misteri nella morte di Brandon Lee, né complotti sotterranei o profezie: solo un'infausta catena di eventi mista a incuria e negligenza.



Fonti:

25 luglio 2020

Per l'FBI le teorie del complotto sono una minaccia terroristica

Un bollettino dell'FBI pubblicato redatto a maggio del 2019 dall'ufficio di Phoenix e reso pubblico da Yahoo News rivela che secondo il bureau le teorie del complotto sono ritenute una minaccia terroristica interna.


Il documento spiega che le teorie del complotto possono provocare comportamenti violenti, talvolta con intenzione di uccidere, nei confronti dei gruppi indicati come malevoli o esecutori delle presunte cospirazioni. Il bollettino cita alcuni casi in cui questo si sarebbe verificato nell'ultimo decennio. Tra questo troviamo il caso di un uomo che in California stava assemblando una bomba allo scopo di farla esplodere sotto la cupola del Campidoglio di Spingfield (ritenuto da alcune teorie del complotto una sede di una non meglio precisata congregazione satanista) affinché il mondo venisse a conoscenza delle cospirazioni del Pizzagate (teoria complottista secondo cui alcuni politici democratici gestivano circoli di pedofili in ristoranti di Washington) e del Nuovo Ordine Mondiale; nel 2013 un uomo uccise all'aeroporto di Los Angeles un agente della TSA (ente federale dedito alla sicurezza negli aeroporti) in quanto riteneva l'agenzia uno dei rami del NWO; nel 2016 un uomo proveniente dalla North Carolina entrò in un ristorante a Washington e puntò due armi da fuoco contro uno dei dipendenti sostenendo che nel locale si svolgeva traffico sessuale di bambini legato al Pizzagate.

Il testo chiarisce che le teorie del complotto non sono un fenomeno nuovo, ma l'avvento di internet ne ha aumentato la diffusione facendo in modo che chi è predisposto a crederci possa imbattersi facilmente in teorie che corrispondono alla sua visione del mondo così da acuirne le posizioni estremiste pregresse, portandolo ad atti violenti. Inoltre internet consente anche a tutti i fruitori di contenuti complottisti di crearne di nuovi.

L'FBI ha valutato anche la possibilità che le teorie del complotto non abbiano un ruolo determinante nello spingere alla violenza persone motivate da estremismo preesistente; tuttavia questa ipotesi non viene ritenuta probabile perché spesso i perpetratori di questi comportamenti violenti citano proprio le teorie del complotto come motivazioni dietro ai loro atti, inoltre l'esposizione alle teorie del complotto può portare a esacerbare sentimenti estremisti che non avrebbero portato di per sé ad azioni violente.

In conclusione il documento aggiunge che le teorie del complotto possono portare a tensioni sociali dovute a sentimenti antigovernativi e pregiudizi razziali o religiosi.

19 giugno 2020

Kobe Bryant: l'NTSB pubblica 1700 pagine di documentazione iniziale

L’NTSB (l’ente civile americano che indaga sulle cause dei disastri nei trasporti) ha da pochi giorni pubblicato la documentazione relativa all'indagine sullo schianto dell’elicottero in cui è morto l’ex giocatore dei Los Angeles Lakers Kobe Bryant lo scorso 26 gennaio. I documenti rilasciati contengono rapporti tecnici, interviste con persone coinvolte a vari livelli negli eventi (come il broker che ha organizzato il volo per Bryant e gli altri sette passeggeri, il meccanico che faceva la manutenzione sul velivolo e l’assistente personale di Bryant Catherine Brady), oltre a video di varie stazioni meteorologiche e numerosi allegati tra cui le chat e i messaggi di testo scambiati tra il pilota Ara Zobayan con il broker e con l’agenzia OC Helicopters. La mole dei dati rilasciata è veramente impressionante, solo i documenti ammontano a 1700 pagine.


Dallo scambio di messaggi tra Ara Zobayn e OC Helicopters si evince che alle otto del mattino del 26 gennaio la visibilità non era sufficiente a viaggiare in elicottero ma sarebbe dovuta migliorare, secondo le previsioni meteo, nelle successive ore. L’elicottero di Kobe Bryant avrebbe dovuto partire alle 09:45, ma il giocatore chiese di anticipare la partenza alle 09:00 in modo che potessero vedere anche la partita precedente rispetto a quella che la figlia di Kobe, Gianna Bryant, doveva giocare. L’elicottero partì così alle 09:06, quando la visibilità era ancora scarsa.

Secondo il rapporto sul comportamento dell’elicottero (l’Aircraft Performance Study), incluso nel pacchetto rilasciato, una volta avvolto dalla nebbia il pilota potrebbe aver sbagliato a valutare la propria altitudine e anche l’angolo rispetto al suolo a cui si trovava, infatti disse al controllore di stare salendo quando in realtà stava scendendo. Il fenomeno per cui il pilota sbaglia a valutare altitudine e direzione, scrive l’investigatore dell’NTSB che ha redatto il rapporto, si chiama illusione somatogravica e può causare disorientamento spaziale.


A maggio l’ufficio del coroner della contea di Los Angeles ha pubblicato anche i rapporti autoptici dei nove passeggeri, dai quali risulta che nessuno di loro era sotto l’effetto di alcol o droghe e che per tutti e nove la causa del decesso è stata un trauma da impatto.

Il rapporto finale dell’NTSB verrà pubblicato probabilmente nel 2021, intanto la documentazione rilasciata fin qui sembra far quadrare i primi pezzi del puzzle verso un incidente dovuto alla nebbia.

9 giugno 2020

Il COVID-19 era già diffuso prima di dicembre 2019?

L’origine del virus SARS-CoV-2 purtroppo non è ancora sufficientemente chiara e sui media si rincorrono le teorie più disparate, alcune legittime e alcune un po’ troppo fantasiose. Ad esempio secondo alcuni medici europei e secondo un recente studio dell’università di Harvard è possibile che il virus sia passato all'uomo già nei mesi di ottobre e novembre del 2019, mentre secondo i dati ufficiali il primo paziente ricoverato a Wuhan sarebbe del 16 dicembre e la diagnosi di un nuovo coronavirus è stata effettuata il 31 dicembre 2019.

Le informazioni così poste sembrano contraddittorie, ma in realtà la possibilità che il virus fosse già in circolo prima di dicembre non regge a un minino di rigore critico, almeno con le informazioni disponibili finora.


Il rasoio di Occam

Il principio filosofico del Rasoio di Occam ci insegna che tra due spiegazioni dello stesso fenomeno è da preferire la più semplice, cioè quella che richiede meno assunzioni. Supporre che il virus sia passato dall'animale all'uomo prima dell’inizio di dicembre significa fare le seguenti assunzioni:
  • Il virus era sparso in tutto il mondo già prima di dicembre e nessuno se n’è accorto: Il virus SARS-COV2 ha un indice di contagiosità molto alto, come dimostra il confronto video con altre epidemie precedenti e come dimostrano anche i numeri del caso italiano: dal paziente uno sono passati solo 8 giorni prima che i casi accertati fossero 1000, e in 20 giorni si è arrivati a 10.000. Inoltre per lo standard di vita del ventunesimo secolo un virus può diffondersi da un continente all'altro nel tempo di un viaggio intercontinentale di un solo paziente positivo (e magari inconsapevole); il concetto è spiegato molto bene nel capitolo The New World Order (titolo che stimolerà la fantasie dei complottisti) del libro Deadliest Enemy di Michael Osterholm e Mark Olshaker del 2017. È quindi impensabile che se il virus era nell'uomo già in autunno non ci fossero migliaia di casi in Europa o America (e di conseguenza ospedali sovraccarichi), soprattutto considerando che al tempo non veniva attuata nessuna quarantena né misurazione della temperatura negli aeroporti. Inoltre Wuhan non è un villaggio sperduto, ma la quinta metropoli più grande della Cina e ha un traffico aereo e terrestre notevole: per fare un paragone è come se parlassimo di Philadelphia per gli USA o Fortaleza per il Brasile. Se il virus era diffuso nel mondo prima di dicembre, come sarebbe possibile che nessuno se ne sia accorto è inspiegabile.
  • È un caso che il primo medico a diagnosticare un nuovo coronavirus fosse proprio a Wuhan: Come conseguenza del primo punto, dobbiamo assumere che se il virus a fine 2019 era già ovunque nel mondo è stato un caso che il primo a diagnosticare un nuovo coronavirus sia stato proprio un medico dell’Ospedale Centrale di Wuhan, la città da cui il virus è partito. Caso tanto più improbabile se si pensa che la Cina ha tentato di insabbiare le notizie sulla diffusione del nuovo virus.
  • È un caso che i primi casi registrati al pronto soccorso di Wuhan fossero legati al mercato ittico: Come conseguenza del punto precedente, se il virus era già diffuso in tutta la Cina e in tutto il mondo prima di dicembre 2019 deve essere stato un evento del tutto fortuito che i primi casi giunti al pronto soccorso di Wuhan fossero legati al mercato ittico. Il virus è partito da lì, e su questo non ci sono dubbi; il fatto che i primi casi registrati al pronto soccorso di Wuhan alla fine di dicembre venissero dal mercato ittico sarebbe invece una completa casualità perché avrebbero potuto provenire da ovunque altro e anche da posti diversi tra loro.

La teoria ufficiale invece richiede una sola assunzione: il virus non era passato all'uomo prima di dicembre 2019.

Cosa dice la comunità scientifica?

Il parere della maggioranza della comunità scientifica, basato sull'analisi della sequenza di DNA del virus, conferma che il virus sia passato all'uomo tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre; aggiungendo il periodo di incubazione, questo è compatibile con il fatto che i primi casi siano emersi intorno alla metà di dicembre. Ad esempio, varie pubblicazioni su Nature e Lancet confermano questa ipotesi.

D’altra parte i racconti dei medici italiani e francesi che sostengono che ci fossero casi riconducibili al COVID-19 già a novembre sono solo dichiarazioni a titolo personale e non sottoposte a peer review. Inoltre molte di queste testimonianze parlano di sintomi compatibili, ma considerando che anche la comune influenza stagionale e la polmonite hanno sintomi compatibili con il COVID-19 potrebbe essersi trattato di patologie diverse.

Il recente studio di Harvard sulle auto parcheggiate

Ai primi di giugno l’università di Harvard ha pubblicato uno studio secondo cui dalle foto satellitari risulta che negli ospedali di Wuhan già a partire da agosto del 2019 ci sarebbero state più auto parcheggiate rispetto agli anni passati e questo potrebbe indicare che il virus era già presente allora.


Questa teoria è sufficientemente ridicola da non meritare ampia trattazione, comunque è ovvio che il numero di auto parcheggiate non indica in alcun modo la presenza del COVID-19 tra gli umani. Le auto potrebbero essere dello staff ospedaliero, potrebbero essere di pazienti di altri reparti, potrebbero essere dovute ad altri virus, ad eventi pubblici (conferenze o convegni) presso l’ospedale, potrebbero essere dovute (ad esempio) a problemi temporanei del trasporto pubblico che ha portato pendolari e pazienti a usare l’auto privata, o ancora a indisponibilità temporanea di parcheggi sotterranei.

Conclusioni

Che il virus SARS-COV2 sia passato all'uomo prima dell’inizio di dicembre del 2019 è finora del tutto aneddotico; la schiacciante maggioranza delle prove indica che non è successo. Ovviamente ogni indagine ufficiale che faccia luce su questo aspetto sarà benvenuta.

5 giugno 2020

BlacKKKlansman: il poliziotto afroamericano che si infiltrò nel Ku Klux Klan

Il nome di Ron Stallworth è noto alle cronache solo da pochi anni, eppure le sue singolari gesta risalgono agli anni 70. Stallworth nacque a Chicago nel 1953 da una famiglia afroamericana e nel 1972 entrò nella polizia di Colorado Springs come recluta. Tra i suoi primi incarichi ebbe quello di indagare sull'attività dei Black Panthers, storica organizzazione rivoluzionaria afromericana, e nell'ambito di quell'incarico riuscì a infiltrarcisi. Una volta terminato il proprio compito decise di indagare sulla frangia opposta, quella degli estremisti per la superiorità della razza bianca, e in particolare sul Ku Klux Klan, la più vasta e nota organizzazione della destra estrema americana.

Nel 1979 Stalloworth rispose per scherzo a un annuncio su un giornale in cui il Klan cercava nuovi iscritti. Il poliziotto pensava che il suo gesto non avrebbe avuto conseguenze, invece la sua richiesta fu accettata e il KKK lo contattò al telefono chiedendogli un incontro. Ovviamente Stallworth non poté presentarsi di persona e mandò un collega bianco all'incontro; così facendo i due riuscirono a infiltrarsi nell'organizzazione: il vero Stallworth gestiva le comunicazioni telefoniche e rimase il responsabile dell'indagine, mentre il collega bianco Chuck fingeva di essere Ron Stallworth agli incontri del Klan.

La storia di Stallworth non emerse per trentacinque anni, fino a quando il poliziotto scrisse la propria autobiografia intitolata Black Klansman da cui nel 2018 è stato tratto un film di Spike Lee (che si prende qualche libertà narrativa rispetto al libro) intitolato BlacKKKlansman; il libro di Stallworth è stato tradotto anche in italiano con il titolo del film con la tripla K. Dal racconto dell'ex poliziotto, ritiratosi nel 2005, emergono i pregiudizi, l'odio e l'ignoranza che pervadono il movimento. I due arrivano anche in contatto con David Duke, al tempo Gran Maestro del Ku Klux Klan, il quale in un'occasione disse a Stallworth (quello vero) al telefono di essere in grado di riconoscere le voci degli afroamericani che si fingono bianchi per via dei loro difetti di pronuncia: ma proprio in quel momento stava parlando con un nero che si fingeva bianco.

Il vero Stallworth riuscì anche a ottenere l'incarico di protezione personale di Duke e in un'occasione dovette esercitare il ruolo quando era presente anche Chuck, il finto Stallworth. In quell'occasione chiese a Duke di fare una foto con lui e chiese a Chuck di scattarla, all'ultimo istante prima dello scatto appoggiò la mano sulla spalla del leader del Klan scatenandone le ire.

Durante l'incarico i due riuscirono a scoprire che il KKK aveva dei rappresentanti anche nelle installazioni militari degli USA (come l'esercito, l'aviazione e il NORAD), riuscirono a sventare atti terroristici come il bruciare le croci, evitarono scontri tra il Klan e le Pantere Nere e ovviamente raccolsero informazioni fondamentali per le indagini.

Ciò nonostante l'infiltrazione di Stallworth nel Klan durò solo pochi mesi, perché i suoi capi gli ordinarono di interrompere l'attività e distruggere tutta la documentazione. I motivi della scelta non furono spiegati allora e non sono noti neanche oggi. Uno di questi potrebbe essere stato che la voce che c'era un poliziotto di colore infiltrato nel Ku Klux Klan si stava spargendo, al punto che anche un giudice che non conosceva chiese a Stallworth come l'attività stesse andando.

Purtroppo di questa incredibile vicenda sopravvive solo il racconto di Stallworth come narrato nel libro e come portato sul grande schermo di Spike Lee. Troppo poco per una storia di decenni fa ma che tratta problemi incredibilmente attuali.

1 giugno 2020

The need for an international inquiry commission on the COVID-19 pandemic

The original article in Italian is available here.

The COVID-19 pandemic is still gripping the world, and if the numbers of positive cases are decreasing in Europe and North America, South America and Africa are still facing the disease in its worst aspects. Globally we begin to see the light at the end of the tunnel, although nobody knows how daily life will be when we reach that light.

The first months of the medic emergency got us used to living in doubt: information given by the media was chaotic, contradictory and unclear. At first this aspect caused bewilderment, in a short time it became routine.


But now that Phase 2 has started in various countries and it seems that the worst is gone, the awareness arises that in the near future detailed and independent investigations will be needed on what happened, on why, on what went well and what went wrong.

There are still too many questions about how this virus passed to humans. Which animal acted as a link between bat and man? When? Has China underrated the situation or did Western governments fail to understand its gravity and take countermeasures? A commission should clarify these doubts and what the crucial steps have been and ascertain them once and for all, so as to remove any pretext of tension between China and the United States, before this leads to a new cold war with even worse consequences than the pandemic.

An effort similar to what would be needed was now made by the province of Ontario when it called a commission to investigate SARS, reconstructing the facts from the birth of the virus from the wet markets of the Chinese province of Guangdong to the medical response in Canada. SARS was much deadlier than COVID-19, but also much less widespread, with only 8000 cases in the world, and it is therefore normal that only Canada was interested in investigating what happened.

An independent commission should now clarify at least these points:
  • when the virus passed from animal to man
  • what happened to the Wuhan market in early December last year
  • how it spread across the five continents
  • what has been done correctly by the states that faced the pandemic
  • what has been done incorrectly by the same nations
  • what procedures should be put in place from now on to avoid future pandemics or to improve the reaction

The real challenge will be to put in place an international team of experts, because there is no such precedent. In recent history we have seen international commissions investigating human rights violations in places like Syria or Darfur, but these were commissions set up by the United Nations and in the case of COVID-19 a similar scenario is unthinkable due to the pressure that China could exercise compromising neutrality. And even Putin's Russia will hardly want to participate in an investigation that could shed light on its targeted disinformation campaign and threats to doctors to keep silent on the real dimensions of the spread of the disease.

The best that can be hoped for is a joint investigation of the NATO area countries; the United States is the country that has the most experience of investigative commissions, which are not fake investigations to hide the government's faults but real independent investigations, as confirmed in the recent cases of the Muller Report on Russiagate or the 9/11 Commission Report. Certainly the USA can have a leading role in a hypothetical and desirable commission on COVID-19, but this time they could and should be helped by its allies. It would be an unprecedented event, but so is the COVID-19 pandemic.