19 giugno 2020

Kobe Bryant: l'NTSB pubblica 1700 pagine di documentazione iniziale

L’NTSB (l’ente civile americano che indaga sulle cause dei disastri nei trasporti) ha da pochi giorni pubblicato la documentazione relativa all'indagine sullo schianto dell’elicottero in cui è morto l’ex giocatore dei Los Angeles Lakers Kobe Bryant lo scorso 26 gennaio. I documenti rilasciati contengono rapporti tecnici, interviste con persone coinvolte a vari livelli negli eventi (come il broker che ha organizzato il volo per Bryant e gli altri sette passeggeri, il meccanico che faceva la manutenzione sul velivolo e l’assistente personale di Bryant Catherine Brady), oltre a video di varie stazioni meteorologiche e numerosi allegati tra cui le chat e i messaggi di testo scambiati tra il pilota Ara Zobayan con il broker e con l’agenzia OC Helicopters. La mole dei dati rilasciata è veramente impressionante, solo i documenti ammontano a 1700 pagine.


Dallo scambio di messaggi tra Ara Zobayn e OC Helicopters si evince che alle otto del mattino del 26 gennaio la visibilità non era sufficiente a viaggiare in elicottero ma sarebbe dovuta migliorare, secondo le previsioni meteo, nelle successive ore. L’elicottero di Kobe Bryant avrebbe dovuto partire alle 09:45, ma il giocatore chiese di anticipare la partenza alle 09:00 in modo che potessero vedere anche la partita precedente rispetto a quella che la figlia di Kobe, Gianna Bryant, doveva giocare. L’elicottero partì così alle 09:06, quando la visibilità era ancora scarsa.

Secondo il rapporto sul comportamento dell’elicottero (l’Aircraft Performance Study), incluso nel pacchetto rilasciato, una volta avvolto dalla nebbia il pilota potrebbe aver sbagliato a valutare la propria altitudine e anche l’angolo rispetto al suolo a cui si trovava, infatti disse al controllore di stare salendo quando in realtà stava scendendo. Il fenomeno per cui il pilota sbaglia a valutare altitudine e direzione, scrive l’investigatore dell’NTSB che ha redatto il rapporto, si chiama illusione somatogravica e può causare disorientamento spaziale.


A maggio l’ufficio del coroner della contea di Los Angeles ha pubblicato anche i rapporti autoptici dei nove passeggeri, dai quali risulta che nessuno di loro era sotto l’effetto di alcol o droghe e che per tutti e nove la causa del decesso è stata un trauma da impatto.

Il rapporto finale dell’NTSB verrà pubblicato probabilmente nel 2021, intanto la documentazione rilasciata fin qui sembra far quadrare i primi pezzi del puzzle verso un incidente dovuto alla nebbia.

9 giugno 2020

Il COVID-19 era già diffuso prima di dicembre 2019?

L’origine del virus SARS-CoV-2 purtroppo non è ancora sufficientemente chiara e sui media si rincorrono le teorie più disparate, alcune legittime e alcune un po’ troppo fantasiose. Ad esempio secondo alcuni medici europei e secondo un recente studio dell’università di Harvard è possibile che il virus sia passato all'uomo già nei mesi di ottobre e novembre del 2019, mentre secondo i dati ufficiali il primo paziente ricoverato a Wuhan sarebbe del 16 dicembre e la diagnosi di un nuovo coronavirus è stata effettuata il 31 dicembre 2019.

Le informazioni così poste sembrano contraddittorie, ma in realtà la possibilità che il virus fosse già in circolo prima di dicembre non regge a un minino di rigore critico, almeno con le informazioni disponibili finora.


Il rasoio di Occam

Il principio filosofico del Rasoio di Occam ci insegna che tra due spiegazioni dello stesso fenomeno è da preferire la più semplice, cioè quella che richiede meno assunzioni. Supporre che il virus sia passato dall'animale all'uomo prima dell’inizio di dicembre significa fare le seguenti assunzioni:
  • Il virus era sparso in tutto il mondo già prima di dicembre e nessuno se n’è accorto: Il virus SARS-COV2 ha un indice di contagiosità molto alto, come dimostra il confronto video con altre epidemie precedenti e come dimostrano anche i numeri del caso italiano: dal paziente uno sono passati solo 8 giorni prima che i casi accertati fossero 1000, e in 20 giorni si è arrivati a 10.000. Inoltre per lo standard di vita del ventunesimo secolo un virus può diffondersi da un continente all'altro nel tempo di un viaggio intercontinentale di un solo paziente positivo (e magari inconsapevole); il concetto è spiegato molto bene nel capitolo The New World Order (titolo che stimolerà la fantasie dei complottisti) del libro Deadliest Enemy di Michael Osterholm e Mark Olshaker del 2017. È quindi impensabile che se il virus era nell'uomo già in autunno non ci fossero migliaia di casi in Europa o America (e di conseguenza ospedali sovraccarichi), soprattutto considerando che al tempo non veniva attuata nessuna quarantena né misurazione della temperatura negli aeroporti. Inoltre Wuhan non è un villaggio sperduto, ma la quinta metropoli più grande della Cina e ha un traffico aereo e terrestre notevole: per fare un paragone è come se parlassimo di Philadelphia per gli USA o Fortaleza per il Brasile. Se il virus era diffuso nel mondo prima di dicembre, come sarebbe possibile che nessuno se ne sia accorto è inspiegabile.
  • È un caso che il primo medico a diagnosticare un nuovo coronavirus fosse proprio a Wuhan: Come conseguenza del primo punto, dobbiamo assumere che se il virus a fine 2019 era già ovunque nel mondo è stato un caso che il primo a diagnosticare un nuovo coronavirus sia stato proprio un medico dell’Ospedale Centrale di Wuhan, la città da cui il virus è partito. Caso tanto più improbabile se si pensa che la Cina ha tentato di insabbiare le notizie sulla diffusione del nuovo virus.
  • È un caso che i primi casi registrati al pronto soccorso di Wuhan fossero legati al mercato ittico: Come conseguenza del punto precedente, se il virus era già diffuso in tutta la Cina e in tutto il mondo prima di dicembre 2019 deve essere stato un evento del tutto fortuito che i primi casi giunti al pronto soccorso di Wuhan fossero legati al mercato ittico. Il virus è partito da lì, e su questo non ci sono dubbi; il fatto che i primi casi registrati al pronto soccorso di Wuhan alla fine di dicembre venissero dal mercato ittico sarebbe invece una completa casualità perché avrebbero potuto provenire da ovunque altro e anche da posti diversi tra loro.

La teoria ufficiale invece richiede una sola assunzione: il virus non era passato all'uomo prima di dicembre 2019.

Cosa dice la comunità scientifica?

Il parere della maggioranza della comunità scientifica, basato sull'analisi della sequenza di DNA del virus, conferma che il virus sia passato all'uomo tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre; aggiungendo il periodo di incubazione, questo è compatibile con il fatto che i primi casi siano emersi intorno alla metà di dicembre. Ad esempio, varie pubblicazioni su Nature e Lancet confermano questa ipotesi.

D’altra parte i racconti dei medici italiani e francesi che sostengono che ci fossero casi riconducibili al COVID-19 già a novembre sono solo dichiarazioni a titolo personale e non sottoposte a peer review. Inoltre molte di queste testimonianze parlano di sintomi compatibili, ma considerando che anche la comune influenza stagionale e la polmonite hanno sintomi compatibili con il COVID-19 potrebbe essersi trattato di patologie diverse.

Il recente studio di Harvard sulle auto parcheggiate

Ai primi di giugno l’università di Harvard ha pubblicato uno studio secondo cui dalle foto satellitari risulta che negli ospedali di Wuhan già a partire da agosto del 2019 ci sarebbero state più auto parcheggiate rispetto agli anni passati e questo potrebbe indicare che il virus era già presente allora.


Questa teoria è sufficientemente ridicola da non meritare ampia trattazione, comunque è ovvio che il numero di auto parcheggiate non indica in alcun modo la presenza del COVID-19 tra gli umani. Le auto potrebbero essere dello staff ospedaliero, potrebbero essere di pazienti di altri reparti, potrebbero essere dovute ad altri virus, ad eventi pubblici (conferenze o convegni) presso l’ospedale, potrebbero essere dovute (ad esempio) a problemi temporanei del trasporto pubblico che ha portato pendolari e pazienti a usare l’auto privata, o ancora a indisponibilità temporanea di parcheggi sotterranei.

Conclusioni

Che il virus SARS-COV2 sia passato all'uomo prima dell’inizio di dicembre del 2019 è finora del tutto aneddotico; la schiacciante maggioranza delle prove indica che non è successo. Ovviamente ogni indagine ufficiale che faccia luce su questo aspetto sarà benvenuta.

5 giugno 2020

BlacKKKlansman: il poliziotto afroamericano che si infiltrò nel Ku Klux Klan

Il nome di Ron Stallworth è noto alle cronache solo da pochi anni, eppure le sue singolari gesta risalgono agli anni 70. Stallworth nacque a Chicago nel 1953 da una famiglia afroamericana e nel 1972 entrò nella polizia di Colorado Springs come recluta. Tra i suoi primi incarichi ebbe quello di indagare sull'attività dei Black Panthers, storica organizzazione rivoluzionaria afromericana, e nell'ambito di quell'incarico riuscì a infiltrarcisi. Una volta terminato il proprio compito decise di indagare sulla frangia opposta, quella degli estremisti per la superiorità della razza bianca, e in particolare sul Ku Klux Klan, la più vasta e nota organizzazione della destra estrema americana.

Nel 1979 Stalloworth rispose per scherzo a un annuncio su un giornale in cui il Klan cercava nuovi iscritti. Il poliziotto pensava che il suo gesto non avrebbe avuto conseguenze, invece la sua richiesta fu accettata e il KKK lo contattò al telefono chiedendogli un incontro. Ovviamente Stallworth non poté presentarsi di persona e mandò un collega bianco all'incontro; così facendo i due riuscirono a infiltrarsi nell'organizzazione: il vero Stallworth gestiva le comunicazioni telefoniche e rimase il responsabile dell'indagine, mentre il collega bianco Chuck fingeva di essere Ron Stallworth agli incontri del Klan.

La storia di Stallworth non emerse per trentacinque anni, fino a quando il poliziotto scrisse la propria autobiografia intitolata Black Klansman da cui nel 2018 è stato tratto un film di Spike Lee (che si prende qualche libertà narrativa rispetto al libro) intitolato BlacKKKlansman; il libro di Stallworth è stato tradotto anche in italiano con il titolo del film con la tripla K. Dal racconto dell'ex poliziotto, ritiratosi nel 2005, emergono i pregiudizi, l'odio e l'ignoranza che pervadono il movimento. I due arrivano anche in contatto con David Duke, al tempo Gran Maestro del Ku Klux Klan, il quale in un'occasione disse a Stallworth (quello vero) al telefono di essere in grado di riconoscere le voci degli afroamericani che si fingono bianchi per via dei loro difetti di pronuncia: ma proprio in quel momento stava parlando con un nero che si fingeva bianco.

Il vero Stallworth riuscì anche a ottenere l'incarico di protezione personale di Duke e in un'occasione dovette esercitare il ruolo quando era presente anche Chuck, il finto Stallworth. In quell'occasione chiese a Duke di fare una foto con lui e chiese a Chuck di scattarla, all'ultimo istante prima dello scatto appoggiò la mano sulla spalla del leader del Klan scatenandone le ire.

Durante l'incarico i due riuscirono a scoprire che il KKK aveva dei rappresentanti anche nelle installazioni militari degli USA (come l'esercito, l'aviazione e il NORAD), riuscirono a sventare atti terroristici come il bruciare le croci, evitarono scontri tra il Klan e le Pantere Nere e ovviamente raccolsero informazioni fondamentali per le indagini.

Ciò nonostante l'infiltrazione di Stallworth nel Klan durò solo pochi mesi, perché i suoi capi gli ordinarono di interrompere l'attività e distruggere tutta la documentazione. I motivi della scelta non furono spiegati allora e non sono noti neanche oggi. Uno di questi potrebbe essere stato che la voce che c'era un poliziotto di colore infiltrato nel Ku Klux Klan si stava spargendo, al punto che anche un giudice che non conosceva chiese a Stallworth come l'attività stesse andando.

Purtroppo di questa incredibile vicenda sopravvive solo il racconto di Stallworth come narrato nel libro e come portato sul grande schermo di Spike Lee. Troppo poco per una storia di decenni fa ma che tratta problemi incredibilmente attuali.

1 giugno 2020

The need for an international inquiry commission on the COVID-19 pandemic

The original article in Italian is available here.

The COVID-19 pandemic is still gripping the world, and if the numbers of positive cases are decreasing in Europe and North America, South America and Africa are still facing the disease in its worst aspects. Globally we begin to see the light at the end of the tunnel, although nobody knows how daily life will be when we reach that light.

The first months of the medic emergency got us used to living in doubt: information given by the media was chaotic, contradictory and unclear. At first this aspect caused bewilderment, in a short time it became routine.


But now that Phase 2 has started in various countries and it seems that the worst is gone, the awareness arises that in the near future detailed and independent investigations will be needed on what happened, on why, on what went well and what went wrong.

There are still too many questions about how this virus passed to humans. Which animal acted as a link between bat and man? When? Has China underrated the situation or did Western governments fail to understand its gravity and take countermeasures? A commission should clarify these doubts and what the crucial steps have been and ascertain them once and for all, so as to remove any pretext of tension between China and the United States, before this leads to a new cold war with even worse consequences than the pandemic.

An effort similar to what would be needed was now made by the province of Ontario when it called a commission to investigate SARS, reconstructing the facts from the birth of the virus from the wet markets of the Chinese province of Guangdong to the medical response in Canada. SARS was much deadlier than COVID-19, but also much less widespread, with only 8000 cases in the world, and it is therefore normal that only Canada was interested in investigating what happened.

An independent commission should now clarify at least these points:
  • when the virus passed from animal to man
  • what happened to the Wuhan market in early December last year
  • how it spread across the five continents
  • what has been done correctly by the states that faced the pandemic
  • what has been done incorrectly by the same nations
  • what procedures should be put in place from now on to avoid future pandemics or to improve the reaction

The real challenge will be to put in place an international team of experts, because there is no such precedent. In recent history we have seen international commissions investigating human rights violations in places like Syria or Darfur, but these were commissions set up by the United Nations and in the case of COVID-19 a similar scenario is unthinkable due to the pressure that China could exercise compromising neutrality. And even Putin's Russia will hardly want to participate in an investigation that could shed light on its targeted disinformation campaign and threats to doctors to keep silent on the real dimensions of the spread of the disease.

The best that can be hoped for is a joint investigation of the NATO area countries; the United States is the country that has the most experience of investigative commissions, which are not fake investigations to hide the government's faults but real independent investigations, as confirmed in the recent cases of the Muller Report on Russiagate or the 9/11 Commission Report. Certainly the USA can have a leading role in a hypothetical and desirable commission on COVID-19, but this time they could and should be helped by its allies. It would be an unprecedented event, but so is the COVID-19 pandemic.

La necessità di una commissione d'indagine internazionale sulla pandemia da COVID-19

Una traduzione in inglese è disponibile qui.

La pandemia da COVID-19 sta ancora attanagliando il mondo, e se i numeri dei casi positivi stanno scendendo in Europa e Nord America, il Sud America e l'Africa sono ancora alle prese con la malattia nei suoi aspetti peggiori. Globalmente si inizia a vedere la luce in fondo al tunnel, anche se nessuno sa come sarà cambiata la vita quotidiana quando raggiungeremo quella luce.

I primi mesi dell'emergenza sanitaria ci hanno abituato a vivere nel dubbio: le informazioni erano caotiche, contraddittorie e poco chiare. All'inizio questo aspetto causava smarrimento, nel giro di breve è diventato routine.


Ma ora che la Fase 2 è iniziata in vari paesi e si inizia a pensare che il peggio sia alle spalle, nasce la consapevolezza che in un prossimo futuro saranno necessarie indagini approfondite e indipendenti su cosa è successo, sul perché, su cosa è andato bene e cosa è andato male.

Le domande su come è passato questo virus all'uomo sono ancora troppe. Quale animale ha fatto da tramite tra il pipistrello e l'uomo? Quando? La Cina ha sottovalutato la situazione o sono stati i governi occidentali a non capirne la gravità e prendere contromisure? Una commissione dovrebbe chiarire questi dubbi e quali sono stati i passaggi cruciali e accertarli una volta per tutti, in modo anche da togliere ogni pretesto di tensione tra Cina e Stati Uniti, prima che questa porti a una nuova guerra fredda dalle conseguenze ancora peggiori rispetto alla pandemia.

Uno sforzo simile a quello che sarebbe necessario ora fu fatto dalla provincia dell'Ontario quando indisse una commissione per indagare sulla SARS, ricostruendo i fatti dalla nascita del virus dai wet market della provincia cinese di Guangdong fino alla risposta sanitaria in Canada. La SARS fu molto più mortale del COVID-19, ma anche molto meno diffusa, con soli 8000 casi al mondo, ed è quindi normale che solo il Canada fosse interessato ad indagare quanto accaduto.

Una commissione indipendente dovrebbe ora chiarire almeno questi punti:
  • quando il virus è passato dall'animale all'uomo
  • cosa è successo al mercato di Wuhan all'inizio di dicembre dello scorso anno
  • come si è sparso nei cinque continenti
  • cosa è stato fatto correttamente dagli stati che hanno fronteggiato la pandemia
  • cosa è stato fatto in modo scorretto dalle stesse nazioni
  • quali procedure dovranno essere messe in atto d'ora in avanti per evitare future pandemie o per migliorare la reazione

La vera sfida sarà mettere in campo un team di esperti a livello internazionale, perché non esiste un precedente del genere. Nella storia recente abbiamo visto commissioni internazionali indagare sulle violazioni dei diritti umani in luoghi come la Siria o il Darfur, ma si trattava di commissioni istituite dalle Nazioni Uniti e nel caso del COVID-19 uno scenario analogo è impensabile per via della pressione che la Cina potrebbe esercitare compromettendo la neutralità. E anche la Russia di Putin difficilmente vorrà partecipare a un'indagine che potrebbe mettere in luce la sua mirata campagna di disinformazione e le minacce ai medici perché tacessero sulle reali dimensioni della diffusione della malattia.

Il meglio che si può sperare è un'indagine congiunta dei paesi dell'area NATO; gli Stati Uniti sono il paese che ha la maggiore esperienza di commissioni di indagine, e non si tratta di veline governative ma di vere indagini indipendenti, come confermato nei casi recenti del Muller Report sul Russiagate o dal 9/11 Commission Report. Sicuramente gli USA potranno avere un ruolo di guida in un'ipotetica e auspicabile commissione sul COVID-19, ma questa volta potrebbero e dovrebbero farsi aiutare dai propri alleati. Sarebbe un evento senza precedenti, ma lo è anche la pandemia da COVID-19.