24 dicembre 2021

Cosa dice il rapporto della United States Intelligence Community sull'origine del SARS-CoV-2

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Nel maggio del 2021 il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha ordinato un'indagine della United States Intelligence Community (ente federale che racchiude diciassette agenzie di intelligence) sull'origine del virus SARS-Cov-2, per chiarire se il passaggio all'uomo sia avvenuto naturalmente o a seguito di un'incidente di laboratorio. Ad agosto, al termine dell'indagine, è stata pubblicata una sintesi delle conclusioni, mentre a ottobre è stato pubblicato un rapporto di diciotto pagine che aggiunge molti dettagli.

Riguardo all'origine del virus, quattro agenzie ritengono più probabile, seppure con bassa attendibilità, che si sia trattato di un evento naturale e che il primo contagio umano possa essere collegato ad attività di allevamento, caccia o vendita di animali, ad esempio al wet market di Wuhan dove venivano tenuti insieme animali vivi e morti in condizioni igieniche precarie. Una della condizioni considerate è che i lavoratori di questi settori sono molti di più rispetto ai dipendenti del laboratorio di virologia e che lavorano in condizioni meno controllate, un incidente è quindi molto più probabile. Una sola agenzia (il rapporto non chiarisce di quale si tratti, ma secondo il New York Times sarebbe l'FBI) propende invece, con attendibilità moderata, per l'incidente di laboratorio, nello scenario in cui un operatore può essere entrato in contatto con il virus durante il trattamento di campioni. L'affidabilità limitata è dovuta alla scarsità di informazioni disponibili; infatti altre agenzie hanno asserito che le evidenze non sono sufficienti a propendere per una teoria o per l'altra.

Il rapporto chiarisce comunque che la comunità di intelligence ritiene che il virus sia naturale e non creato appositamente come arma biologica. Inoltre la maggioranza delle agenzie sostiene che il virus non sia stato modificato in laboratorio (nonostante in passato l'Istituto di Virologia di Wuhan abbia creato combinazioni ingegnerizzate di coronavirus) e che la Cina non ne avesse conoscenza prima che scoppiasse il primo focolaio, dettaglio che come dice il documento stesso farebbe propendere per l'incidente naturale piuttosto che per quello in laboratorio.

Nell'appendice il rapporto affronta altre due teorie alternative: quella secondo cui il virus non sarebbe partito dalla Cina (probabilmente in relazione alla teoria cospirativa proposta proprio da Pechino secondo cui sarebbe passato all'uomo nella base militare di Fort Detrick nel Maryland, che dal 1943 al 1969 è stato il centro del programma per le armi biologiche voluto dal Presidente Roosevelt e che da allora ospita il programma per la difesa biologica) e quella secondo cui il virus sarebbe diffuso già da prima di fine novembre del 2019. In entrambi i casi il rapporto specifica che gli studi alla base di queste teorie non hanno superato il processo di peer review, che mancano di rigore scientifico e che i risultati a cui è giunta la comunità di intelligence contrastano queste teorie.

Il rapporto chiarisce in ultimo che i risultati dell'indagine solo molto insicuri, perché la Cina non ha mai collaborato adeguatamente alle indagini degli enti indipendenti (ad esempio ha ostacolato la raccolta delle informazioni da parte della comunità scientifica, scoraggia nuove indagini e propone teorie alternative, come quella già citata secondo cui il virus non si sarebbe sviluppato in Cina o che provenga da cibo surgelato) e difficilmente lo farà in futuro vista l'ostilità mostrata verso chi vuole chiarire la situazione. Del resto se venisse accertata l'origine del virus, la Cina ne avrebbe in ogni caso un danno di immagine enorme; perché sia che si tratti di un salto naturale sia che sia stato un incidente in laboratorio, sarebbero mancati controlli e protezioni e non sarebbe il primo caso, visto che nel 2002 la SARS partì dalla provincia di Guangdong. È quindi molto difficile che si arrivi a una risposta certa, per ora sull'origine del virus domina ancora molta confusione.

15 luglio 2021

Trovati due cadaveri nella ex villa di Gianni Versace a Miami Beach

La polizia di Miami Beach ha comunicato con un post su Facebook che nel pomeriggio di ieri, 14 luglio, due cadaveri sono stati trovati in una stanza dell'albergo che dal 2015 ha sede nella Villa Casa Casaurina, che fu acquistata da Gianni Versace nel 1992 e nei pressi della quale lo stilista fu ucciso nel 1997 dallo spree killer Andrew Cunanan.

Secondo quanto riportato da The Daily Beast, la stanza non era in disordine e si è trattato di un caso di omicidio-suicidio frutto di un accordo tra i due uomini. Il ritrovamento dei cadaveri è avvenuto un giorno prima del ventiquattresimo anniversario della morte di Versace.

6 luglio 2021

Morto James Kallstrom, investigatore capo dell'FBI per l'indagine sul volo TWA 800

É morto all'età di 78 anni l'ex Assistente Direttore dell'FBI James Kallstrom, uno degli agenti più famosi del bureau noto per le sue molte apparizioni sui media e per le indagini di alto profilo in cui è stato coinvolto.

Nato il 6 maggio del 1943 a Worcester, nel Massachusetts, si laureò alla University of Massachusetts Amherst nel 1966 e subito dopo entrò nei Marines dove rimase fino al 1970 quando lasciò con il grado di capitano, in questo quadriennio fu inviato due volte in Vietnam durante la guerra.

Dal 1970 al 1997 lavorò all'FBI. Fu agente supervisore dell'indagine contro Cosa Nostra a New York che portò nel 1985 al processo alla cosiddetta Commissione Mafiosa che vide come imputati i boss delle cinque famiglie mafiose più influenti di New York (Gambino, Genovese, Colombo, Lucchese e Bonanno). Fu anche il coordinatore della sorveglianza nell'indagine Pizza Connection che nel 1987 portò al processo contro ventidue mafiosi di origine siciliana.

Divenne responsabile dell'ufficio di New York, il più grande di tutti gli Stati Uniti, nel 1995 e l'anno seguente fu investigatore capo nell'indagine sull'esplosione del volo TWA 800 (all'epoca il secondo più grave incidente aereo della storia americana) le cui conclusioni portarono a importanti migliorie nella sicurezza aerea. A metà degli anni 90 fu anche uno dei fondatori dell'organizzazione Marine Corps - Law Enforcement Foundation che si occupa di fornire aiuti economici per lo studio ai figli di militari o agenti delle forze dell'ordine morti in servizio.

Si ritirò dall'FBI il 31 dicembre del 1997 e lavorò per quattro anni nell'ambito della finanza per una società privata. Tornò nel settore pubblico dopo l'11 settembre come capo dell'ufficio per la sicurezza pubblica di New York. Ricoprì il ruolo fino al 2002 quando divenne consulente senior sull'antiterrorismo dello Stato di New York per il governo.

James Kallstrom partecipò anche a numerosi documentari sulle indagini in cui fu coinvolto e fu anche presentatore del programma The FBI Files di Discovery Channel.



Fonti:

4 giugno 2021

SanPa: la serie di Netflix su San Patrignano

Dall'inizio del 2021 SanPa: Luci e tenebre di San Patrignano è tra le serie più viste su Netflix, e non potrebbe essere diversamente vista l'importanza e l'attualità dei temi trattati e visto quanto gli stessi facciano ancora discutere. La serie in cinque puntate racconta la storia della comunità per il recupero di tossicodipendenti sorta a Coriano, in provincia di Rimini, dalla fondazione fino alla morte del suo celebre fondatore Vincenzo Muccioli.


SanPa ricostruisce la storia della comunità attraverso il racconto diretto di moltissime persone coinvolte: dalla famiglia di Muccioli, ai ragazzi che ci hanno vissuto, dai suoi oppositori fino ai suoi sostenitori. Il quadro che ne emerge è quanto più complesso non potrebbe essere; fin da subito infatti Muccioli usò tecniche non ortodosse, rinunciando all'uso del metadone e curando i tossicodipendenti solo con la comprensione e riempiendo le loro vite di attività diverse nella cura degli animali e nel lavoro presso la comunità. In breve tempo San Patrignano crebbe e la gestione divenne sempre più complicata; Muccioli delegò alcune responsabilità alle persone sbagliate e la mortale combinazione di responsabili violenti e dell'illusione che la tossicodipendenza si possa sconfiggere senza l'aiuto della medicina portò la comunità a perdere il controllo, almeno in parte, di ciò che succedeva al suo interno. Il risultato furono reclusioni, incatenamenti, pestaggi, suicidi, stupri e almeno in un caso anche un omicidio.

Muccioli dovette affrontare ovviamente anche conseguenze legali che andarono dall'abuso edilizio, fino al favoreggiamento nell'omicidio di Roberto Maranzano, uccio a San Patrignano e gettato in una discarica a Napoli in modo da sviare la indagini. La serie dà egual spazio agli estimatori di Muccioli e ai suoi detrattori, lasciando allo spettatore il compito di trarre le proprie conclusioni. Conclusioni che in realtà sono impossibili da trarre. Il quadro più probabile che ne emerge è quello di un uomo animato da buone intenzioni, che si è poi trovato a fronteggiare una situazione incredibilmente complessa e cresciuta oltre le sue previsioni iniziali. Secondo i sostenitori, Muccioli dovette collaborare nella copertura dell'omicidio per evitare che la comunità crollasse e i ragazzi ricadessero nella tossicodipendenza; dovette quindi nascondere una morte per evitare che ne seguissero altre migliaia. Secondo gli accusatori, nessuna buona intenzione può giustificare il sostegno anche tacito a degli assassini. Impossibile districarsi in questo guazzabuglio. Il gomitolo si intreccia ancora di più nel finale che tratta della morte del fondatore, le cui cause sono ancora avvolte nel mistero e su cui aleggia il dubbio che abbia contratto l'AIDS all'interno della comunità stessa.

Alla fine la conclusione più equilibrata sembra essere quella di sospendere il giudizio: Muccioli non era un eroe e nemmeno un criminale. Vincenzo Muccioli era un uomo sicuramente coraggioso, che si è imbarcato in un'avventura gigantesca che lo ha costretto a compromessi alle volte orribili. Se abbia fatto bene o meno è probabilmente una domanda senza risposta.

6 marzo 2021

TWA 800: an interview with former FBI special agent Neil Moran

An Italian translation is available here.

We offer today our readers the personal account of former FBI special agent Neil Moran who was involved in the investigation for the explosion of flight TWA 800 since the very beginning.

We would like to thank Neil Moran for his kindness and availability.



Nastro di Mobius: Would you like to give us an overview of what your role in the investigation for TWA 800 was?

Neil Moran:
TWA Flight 800 was a very significant investigation and when big cases like this develop the FBI refers to them as “specials” to which they often designate with internal code names. To give you some context, another big case in which I was involved early in my career was the Lufthansa Robbery, which occurred in December 1978. At that time, it was the largest cash robbery in the history of the United States. I happened to be on the Truck Hijacking Squad working out of the Queens office the morning the robbery occurred. We all came into the office in the morning and our boss said, “Get out to JFK” which was only six or eight miles “and go to the Lufthansa terminal. Something's happening, it’s chaotic out there, the cops have responded but there could be a federal violation.” In the days afterward it was front page news in every domestic and international newspaper. Six million dollars in 1978 was a large amount of money. Many people from the New York Office began to assist our squad, which was handling the investigation. Eventually, as the weeks and months passed, the case quieted down somewhat, and the investigation became more focused.

It was like that with TWA flight 800 as well. In the days following the crash, calls were coming in from everywhere. People were claiming: “I saw this”, “I saw that”, “I saw something shoot it out of the sky”, “I saw a boat in the Atlantic Ocean”, “I saw missiles go up in the air”, “It was the military”. So, all these leads obviously need to be tracked down. As with any disaster of this nature, the cause needs to be determined. Two federal violations that mandate the FBI’s involvement at the outset of an investigation like this are terrorism and crime aboard aircraft.

Did somebody place a bomb on board as has occurred in the past or was it a terrorist group that had not yet claim responsibility? The FBI and other agencies needed to nail this down, so each squad in the office had to devote many people at the outset. Several hundred FBI agents from the New York Office were assigned to varying roles immediately following the crash. Leads came in, usually over the phone. I spent the first couple of days interviewing people, primarily in Suffolk County, New York, as to what they saw. Dozens and dozens of agents doing the same, trying to find any pattern or any commonality that could make sense and lead the investigation in a certain direction.

After the first couple of days, more specific assignments began to take shape at the direction of those handling the case. People were needed to work with the Coast Guard and the U.S. Navy on the retrieval of parts of the downed aircraft. The FBI was being assisted in this effort by many federal, state and local law enforcement agencies. This was truly a collaborative effort by just about every law enforcement entity in the New York metro area. Personnel were also assigned at an airplane hangar in Calverton, New York, near the crash site where it had arranged to transport the parts of the aircraft that were being retrieved each day. People assigned to the airplane hangar were also designated to identify the belongings of passengers, where those items were being transported after being recovered from the ocean floor. Others were assigned to the morgue, and there were those agents continuing to run down leads and conduct interviews. That is how people like me initially were assigned. The first task I had after those initial interviews was working the overnight shift at the hangar in Calverton along with several other agents and members of the National Transportation Safety Board (NTSB) and Federal Aviation Administration (FAA).

Military trucks would arrive fully loaded with parts retrieved from the ocean floor and literally dump those parts at the hangar. Everything needless to say was soaking wet. It was our job to identify to what section of the aircraft each part belonged and eventually, week by week, NTSB and FAA reconstructed the aircraft inside the hangar, as best they could, from those parts that were recovered.


After several weeks, the belongings of the deceased passengers began to accumulate and were gathered in another section of the hangar. That was another assignment that I had, once again during the overnight shift. I was asked to go through a big room full of belongings, most of which were suitcases, to try and identify possessions of deceased passengers, which were eventually to be given to loved ones.

When you work the overnight shift, you are normally arriving home at 9:00 AM or 10:00 AM in the morning. Whatever time you get home you might have something eat then go to bed. Working that shift is very different from being in the office or working during the day when perhaps several hundred people are coming and going to and from the hangar. You tend to hear more about any headway being made in the investigation, whereas in the overnight hours, things are decidedly quieter with far fewer people assigned. I became as curious as the public about the investigation because literally, I was “in the dark” working at night. So, I very much looked forward every afternoon to waking up and watching the daily press conferences, which were given by our then assistant director in charge Jim Kallstrom and NTSB chairman Jim Hall. They were broadcast nationally by CNN and all the big networks every afternoon at 3:00 PM or 4:00 PM and watching those briefings kept me abreast of what was going on, but they were often heartbreaking to watch.

As the weeks went on and things somewhat died from a media perspective, the case was no longer front-page news, so the news began to focus on people that were lost, the 230 passengers, and their backgrounds. One story I vividly recall was the sixteen students, who were members of the French Club at Montoursville Area High School, in Pennsylvania. The students and their five chaperones were traveling to Paris for their class trip. They were all killed in the crash. These were only teenagers and had all their lives ahead of them and suddenly they were gone.

One of the first nights that I was assigned to going through the passenger’s possessions, I had seen a piece on television about a woman named Pamela Lychner from Houston, Texas. They had shown a picture of her. I believe she was in her mid to late 30s and had two young daughters with whom she was traveling. Her husband had either missed the flight or had a business commitment at the last minute and was going to join them after their arrival in Paris. The three of them perished. I remember from watching the piece, that Ms. Lychner was attractive and had striking blond hair. A real estate agent in the early 1990s, she and her husband had bought a vacant house, which they put up for sale, when a prospective buyer contacted them. The couple met the prospective buyer and during the tour of the house while the husband was occupied in another area, the prospective buyer attempted to sexually assault Ms. Lychner. He was a convicted sexual offender. Criminal charges were filed against the individual and he got sentenced to twenty years in jail. Two years later, the Texas Department of Criminal Justice sent a letter to Ms. Lychner, notifying her that the state nominated the man convicted as a candidate for early release. She was outraged. Pam Lychner soon became an advocate for women who were victims of sexual assault and wound-up contacting members of the U.S. Senate, Senator Phil Graham and - you are not going to believe this – now President of the U.S., Joe Biden. The senators wrote legislation, which was subsequently passed by Congress and later called The Pam Lychner Act. This created a sexual offender database in the U.S., which is still in existence today. I watched the piece and was very moved by the whole story. Amazingly, either that night or the night after, I unzipped a suitcase at the hangar and found a wallet amid soaking wet clothing and there was Pam Lychner’s driver’s license and Texas gun permit. It was the eeriest thing I recall happening during my time working on the case.

Stories like this aired on television several other times. I had watched a piece one afternoon on a young couple who had just gotten engaged and were taking a trip to Paris. A day or two later I found the woman’s handbag with her identification.

I would often meet and speak with colleagues during the course of the midnight shift. People from ATF, the New York City Police Department Bomb Squad, FBI Bomb techs from Washington DC, and I was naturally curious about the progress of the investigation. I would ask, “What do you think? Are you seeing anything that is leading you to believe that there may have been a bomb planted on board or that someone fired a missile at the plane?” They would reply, “We haven't seen any bomb residue. This very well may have been mechanical, but we're really not sure.” None of them were certain at this stage.

After several months went by, the manpower in the investigation began to be dramatically reduced. This occurs in any big case where supervisors are asked to devote their people to another squad. Each unit in the office has its own caseload and when you do not have everyone devoting their time to that caseload, those investigations suffer. TWA Flight 800 was not being covered in the media with the intensity it had been in the early days and the investigation was in the hands of the Joint Terrorism Task Force, so gradually people like me began to spend less time working on the case.

It was finally determined that the cause of the aircraft explosion of Flight 800 was a spark that ignited the center fuel tank. The FBI was able to say that there had been no indication that the explosion could be linked to an act of terrorism. Our boss, Jim Kallstrom certainly could not appear on national television and say “This definitely wasn't terrorism” a week after it happened. The FBI wanted to be very careful about determining a cause and they wanted all the agencies involved to be on the same page, among them, NTSB, FAA, ATF, and the New York City Bomb Squad. This was certainly a multi-agency effort, there was no question about that.


Nastro di Mobius: How was the collaboration between different agencies? Was it smooth and easy or were there conflicts?

Neil Moran: I can’t speak from a higher level of the executive leadership of the various agencies, but from my perspective, as is usually the case the collaboration was good and that's usually the way a lot of these investigations proceed. The “worker bees”, the people like me sifting through soaking wet suitcases and airplane debris, that only days before were at the bottom of the Atlantic Ocean, generally get along very well with the people with whom they are working. Sometimes in these major investigations, at a higher-level of leadership, egos come into play, along with interagency jealousies and things can get a little bit testy, but I don't recall hearing any horror stories about agencies feeling that they had been mistreated or left out of the effort, although I am sure there were some.


Nastro di Mobius: How was this case unique compared to others you’ve been involved with throughout your career?

Neil Moran: Other big cases, like the one I mentioned earlier, the Lufthansa Robbery, didn't have 230 victims lying at the bottom of the Atlantic Ocean. This investigation was much different; it’s something most FBI agents don't get to work on during the course of a career but working in the New York Office certainly affords FBI agents the opportunity to work on many significant investigations, which often garner national and international attention.

It was interesting talking to colleagues with whom I worked at that time as to what they were doing in their respective assignments. A fellow on my squad was assigned to the morgue, where bodies and body parts were arriving every day. I recall him saying that it was absolutely the worst that thing he's ever experienced and could not picture having a more depressing assignment. He said that he was having trouble sleeping at night because of the things he saw each day. This certainly was a very unique case, and not something that when you're going through your sixteen weeks of training at the FBI Academy in Quantico, that the instructors are preparing you for in the future. TWA Flight 800 was like nothing in which I was ever involved and no doubt any of the people that were assigned would tell you the same thing.

It was a very multifaceted case and you really did need the collaboration and cooperation of all the different agencies working together because I don't think that FBI agents will ever claim to be experts at putting planes back together.


Nastro di Mobius: What was the feeling among the investigators about the cause of the disaster before it was clear what the cause was?

Neil Moran: I'll go back to casual conversations I had with people at 2:00 AM and 3:00 AM in the morning on a coffee break at the hangar. I had worked with a fellow that got transferred from New York to Washington DC and I hadn't seen him probably in ten years. I wondered what happened to him with his career and it turned out he was an FBI bomb tech. We chatted over coffee in the wee hours of the morning and I remember asking, “What do you think?” and he replied, “We don't see any indication here of a bomb, we don’t see any bomb residue.” I also heard the same from a number of people, as I said, from members of the New York City Police Department Bomb Squad, ATF, and other FBI agents. Some people did say “This is probably some sort of a mechanical malfunction” and that's what it turned out to be.


Nastro di Mobius: Is it common in your experience that eyewitnesses give conflicting accounts?

Neil Moran: Absolutely, yes. When I was a new agent in 1975 New York was a hotbed in the country for bank robberies. The New York Office had two bank robbery squads to handle the hundreds of investigations at the time. These guys were working 7 days a week 365 days a year responding to bank robberies, conducting investigations, and making arrests. The bank robbery people had something called “Bank Robbery Rover”. I wasn’t assigned to the bank robbery squad, but in my first weeks as an agent I was assigned to the Bank Robbery Rover on several occasions. I remember showing up at a bank in the Bronx, not too far from the neighborhood where I was raised, on the other side of the Bronx River Parkway, and a senior member of the squad said, “I'm glad you guys got here, I really need help in separating these witnesses. Don't let them talk to each other or they are going to hear one another’s accounts”. Once we began interviewing the witnesses it was amazing to me the conflicting nature of what they observed. One would say, “He was a white male 5’10””and another would say, “No, I saw a light-skinned black man who was about 6’5””. “The gun was silver plated,” one commented, while another claimed it was black. The differences in height ranging from 5’1” to 6’5” is quite significant. As is a light-skinned black man as opposed to a white man, not to mention a silver gun compared to a black gun.

There's no question that people, in the heat of the moment, become confused as to what they saw or did not see, but in my experience, we often developed good witnesses, as well. When we would bring our prosecutions either to the Brooklyn U.S. Attorney's Office or to the U.S. Attorney in Manhattan, the first thing they would ask was “Is this person a good witness?” Sometimes they would just put their head in their hands and say, “Oh my God, this person's going to be horrible” and other times they would say, “I like this person, they have a real good eye for detail, and they'll be a good witness on the stand a year from now”. It really depends, but by and large it's my experience, especially with TWA Flight 800, that you would hear many different stories from many different witnesses, and I think my colleagues would say the same thing. It’s hit and miss as far as reliability is concerned.


Nastro di Mobius: In your opinion did the media pressure have an impact on the investigation? If so, a positive or a negative one?

Neil Moran: If you asked the assistant director who was on the phone with people in the highest levels of government and on TV every day he might say, “Sometimes, yes, we were pressured” but I don’t believe media pressure can force the investigators to come to a premature conclusion or for the FBI to say something that isn’t accurate. You have to think of the media of today compared to the media of 1996. Not to say that they were any less aggressive or hungrier for a story back in 1996 than they are now, but we didn’t have the 24/7 coverage that we have today.

It’s very likely that people at the highest levels of our government may have at one time or another reached out to the executive leadership of the Flight 800 investigation and said something like, “We need to come up with some answers on this case quickly because CBS is going with a big story tonight” or “60 Minutes is airing an investigative report into the case this weekend and they're going to be highly critical of our findings or lack of findings to date”. Once again, I would never believe our bosses in the New York Office would be pressured into saying something unless they could support their conclusions with evidence.


Nastro di Mobius: What "lesson learned" did you gain from this case?

Neil Moran: It is more of a personal lesson. I recounted the story of seeing that woman's personal belongings shortly after watching the piece about her on TV. I didn't know who she was and had never heard of her before and all of a sudden, I was going through all of the personal items in her suitcase and that made me realize how precious life is and how quickly it can suddenly end.

I opened a suitcase of one of the sixteen students from Montoursville, Pennsylvania, who was a young teenager. Whether he organized his clothes or whether his mother may have, they looked like they were being displayed in a department store. Everything was soaking wet, but all the clothes were neatly and carefully arranged. At the top was a windbreaker that read “Jason” or “Jacob” and on the other side was a winged foot. I ran track and cross-country in high school and in college, I was an avid runner for many years and when I saw the winged foot and I said to myself, “This kid was on the track team”. I took the windbreaker out, I looked on the side of the arm and it had 880-yard dash, an event in which I frequently competed. I just paused and said to myself, “This young boy had his whole life ahead of him and he's never going to get to run another race”. Once again, it had a big impact on me and made me realize that I should be thankful for each day and never take anything for granted. This case was proof positive that one’s life can end in an instant.

TWA 800: intervista all'ex agente speciale dell'FBI Neil Moran

L'originale inglese è disponibile qui.

Offriamo oggi ai nostri lettori il racconto dell'ex agente speciale dell'FBI Neil Moran che fu coinvolto nell'indagine sull'esplosione del volo TWA 800 sin dalle prime fasi.

Ringraziamo Neil Moran per la sua cortesia e disponibilità.



Nastro di Mobius: Ci puoi dare una panoramica generale di quale è stato il tuo ruolo nell'indagine sul TWA 800?

Neil Moran:
Il TWA 800 è stata un'indagine molto importante e quando un caso del genere accade l'FBI li definisce “casi speciali” e spesso vengono loro attribuiti dei nomi in codice interni. Per darti un po' di contesto, un altro grande caso in cui sono stato coinvolto all'inizio della mia carriera è stato la rapina alla Lufthansa, avvenuta nel dicembre 1978. A quel tempo è stata la più grande rapina di contanti della storia degli Stati Uniti. Ero nella squadra che si occupava di dirottamenti di furgoni e lavoravo nell'ufficio del Queens quando avvenne la rapina. Arrivammo in ufficio quella mattina e il nostro capo ci disse "Andate al JFK", che era a una decina di chilometri di distanza "e andate al terminal della Lufthansa. Sta succedendo qualcosa, c'è il caos, la polizia è arrivata ma potrebbe esserci una violazione federale." Nei giorni successivi era la notizia di prima pagina su tutti i giornali nazionali e internazionali. Sei milioni di dollari nel 1978 erano una grossa somma di denaro. Molte persone dell'ufficio di New York iniziarono a venirci in aiuto, perché eravamo noi a occuparci delle indagini. Alla fine, con il passare delle settimane e dei mesi, il caso si affievolì e le indagini divennero più mirate.

Fu così anche per il volo TWA 800. Nei giorni successivi al disastro, arrivavano telefonate da ogni dove. La gente diceva: "Ho visto questo", "Ho visto quello", "Ho visto qualcosa sparare verso l'aereo dal cielo", "Ho visto un’imbarcazione nell'Oceano Atlantico", "Ho visto missili alzarsi in aria", "Sono stati i militari". Ovviamente, tutti queste piste dovevano essere tracciate. Come in qualsiasi disastro di questa natura, la causa deve essere determinata. Due violazioni federali che impongono il coinvolgimento dell'FBI all'inizio di un'indagine come questa sono terrorismo o un crimine a bordo dell'aereo.

Qualcuno aveva messo una bomba a bordo come era accaduto in passato o era stato un gruppo terroristico che non aveva ancora rivendicato l'attentato? L'FBI e altre agenzie avevano bisogno di chiarirlo definitivamente, quindi appena partì l’indagine ogni squadra dell'ufficio dovette impiegare molte persone su questo caso. Centinaia di agenti dell'FBI dell'ufficio di New York furono assegnati a vari ruoli subito dopo l'incidente. Arrivavano piste diverse, di solito per telefono. Passai i primi due giorni a intervistare persone, principalmente nella contea di Suffolk, New York, su ciò che avevano visto. Decine di agenti fecero lo stesso, cercando di trovare un qualsiasi schema o una qualsiasi comunanza che potesse avere senso e che potesse indirizzare l’indagine.

Dopo i primi due giorni, cominciarono a prendere forma incarichi più specifici sotto la direzione dei responsabili. Erano necessarie persone che lavorassero con la Guardia Costiera e la Marina per il recupero di parti dell'aereo abbattuto. L'FBI era assistito in questo compito da molte forze dell'ordine federali, statali e locali. Fu davvero uno sforzo di collaborazione da parte di quasi tutte le forze dell'ordine dell'area metropolitana di New York. Parte del personale fu anche assegnato all'hangar dell'aeroporto di Calverton, New York, vicino al luogo dell'incidente dove ogni giorno venivano portate le parti dell'aereo che venivano recuperate. Le persone assegnate all'hangar dovevano anche identificare gli effetti personali dei passeggeri che venivano trasportati lì dopo che venivano recuperati dal fondo dell'oceano. Altri furono assegnati all'obitorio, e altri continuavano a cercare nuove piste e a fare interviste. È così che dapprima a persone come me venivano dati gli incarichi. Il primo compito che ebbi dopo le interviste iniziali fu il turno di notte all'hangar di Calverton insieme a molti altri agenti e membri del National Transportation Safety Board (NTSB) e della Federal Aviation Administration (FAA).

I camion militari arrivavano carichi di parti recuperate dal fondo dell'oceano e le scaricavano nell'hangar. Ovviamente era tutto completamente fradicio. Il nostro compito era identificare a quale sezione dell'aereo apparteneva ciascuna parte e alla fine, settimana dopo settimana, l’NTSB e l’FAA ricostruirono l'aereo all'interno dell'hangar, al meglio che poterono, partendo dalle parti recuperate.


Dopo varie settimane, si accumularono gli oggetti personali dei passeggeri morti nell’esplosione e furono raccolti in un'altra sezione dell'hangar. Quello fu un altro incarico che mi venne assegnato, anch’esso durante il turno notturno. Mi fu chiesto di passare al vaglio una grande stanza piena di effetti personali, la maggior parte dei quali erano valigie, per cercare di identificare gli oggetti dei passeggeri deceduti, che alla fine sarebbero stati restituiti alle famiglie.

Quando svolgi il turno notturno, normalmente arrivi a casa alle nove o alle dieci del mattino. A qualunque ora torni a casa magari mangi qualcosa e poi vai a dormire. Lavorare in quel turno è molto diverso dall'essere in ufficio o lavorare durante il giorno, quando ci sono centinaia di persone all'hangar che vanno e vengono. In quel caso hai più notizie sui progressi che vengono fatti durante le indagini, mentre nelle ore notturne è tutto più silenzioso e ci sono meno persone al lavoro. Ero quindi tanto curioso quanto il pubblico di sapere come andavano le indagini perché lavorando di notte ero letteralmente "al buio". Quindi, non vedevo l'ora di svegliarmi ogni pomeriggio per vedere le conferenze stampa giornaliere, tenute dal nostro assistente direttore in carica dell'epoca Jim Kallstrom e dal presidente della NTSB Jim Hall. Erano trasmesse a livello nazionale dalla CNN e da tutte le grandi reti ogni pomeriggio alle tre o alle quattro e guardare quei briefing mi teneva aggiornato su ciò che stava accadendo, ma spesso erano strazianti da guardare.

Con il passare delle settimane il caso perse interesse dal punto di vista dei media, non era più una notizia da prima pagina, quindi i notiziari iniziarono a concentrarsi sulle persone che erano morte, i duecentotrenta passeggeri e i loro background. Una storia che ricordo vividamente è quella dei sedici studenti, che erano membri del French Club della Montoursville Area High School, in Pennsylvania. Gli studenti e i loro cinque accompagnatori stavano andando a Parigi in gita scolastica. Sono morti nell'esplosione. Erano adolescenti e avevano tutta la vita davanti e all'improvviso se ne erano andati.

Una delle prime notti in cui mi era stato assegnato il compito di esaminare gli oggetti dei passeggeri, avevo visto un servizio in televisione su una donna di nome Pamela Lychner di Houston, Texas. Avevano mostrato una sua foto. Credo che avesse tra trentacinque e quarant'anni e aveva due figlie giovani con le quali viaggiava. Suo marito aveva perso il volo o aveva avuto un impegno di lavoro dell'ultimo minuto e le avrebbe raggiunte in seguito dopo il loro arrivo a Parigi. Morirono tutte e tre. Ricordo dal servizio televisivo che Pamela Lychner era molto bella e aveva dei bellissimi capelli biondi. Nei primi anni '90 era stata un’agente immobiliare, insieme al marito avevano comprato una casa libera, che avevano messo in vendita, e un potenziale acquirente li contattò. La coppia incontrò il potenziale acquirente e durante il tour della casa mentre il marito era occupato in un'altra zona, il potenziale acquirente tentò di aggredire sessualmente Pamela Lychner. Era uno stupratore condannato. Furono presentate accuse penali contro di lui e venne condannato a vent'anni di carcere. Due anni dopo, il Dipartimento per la Giustizia Criminale del Texas le inviò una lettera per informarla che l’uomo era stato selezionato per il rilascio anticipato. Ne fu indignata. Pam Lychner divenne un'attivista a sostegno delle donne vittime di aggressioni sessuali e contattò dei membri del Senato degli Stati Uniti, il senatore Phil Graham e - non ci crederai - l'attuale presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. I senatori scrissero una legge, che venne poi approvata dal Congresso e che fu chiamata The Pam Lychner Act. Questa legge sancì la creazione di un database dei perpetratori di reati sessuali negli Stati Uniti, che esiste ancora oggi. Guardai il servizio e rimasi molto colpito da tutta la storia. Sorprendentemente, quella notte o quella successiva, aprii una valigia all'hangar e ci trovai un portafoglio in mezzo a dei vestiti bagnati e dentro c'erano la patente di guida di Pam Lychner e il suo porto d'armi per il Texas. È stata la cosa più inquietante che ricordo sia accaduta durante il mio lavoro sul caso.

Storie come questa passarono in televisione molte altre volte. Un pomeriggio vidi un servizio su una giovane coppia che si era appena fidanzata e che stava facendo un viaggio a Parigi. Uno o due giorni dopo trovai la borsa della donna con il suo documento d'identità.

Spesso incontravo colleghi e parlavo con loro durante il turno di mezzanotte. Personale dell'ATF, della squadra degli artificieri del dipartimento di polizia di New York City, tecnici delle bombe dell'FBI di Washington, e io naturalmente ero curioso di sapere come stessero andando le indagini. Chiedevo: "Cosa ne pensi? C'è qualcosa che ti faccia pensare che potrebbe essere stata messa una bomba a bordo o che sia stato abbattuto da un missile?" Rispondevano: “Non abbiamo visto residui di bomba. Potrebbe essere stato un guasto meccanico, ancora non lo sappiamo per certo." Non c'erano certezze in quella fase.

Dopo vari mesi, la forza lavoro nelle indagini iniziò a ridursi drasticamente. Succede in ogni caso importante in cui ai supervisori venga chiesto di dedicare il proprio personale a un'altra squadra. Ogni unità dell'ufficio ha il proprio carico di lavoro e quando non c'è tutto il personale a pieno organico dedicato a quel carico di lavoro, le indagini ne risentono. I media non si occupavano più del volo TWA 800 con l'intensità dei primi giorni e l'indagine era nelle mani della Joint Terrorism Task Force, quindi gradualmente le persone come me hanno iniziato a dedicare meno tempo a questo caso.

Infine fu stabilito che la causa dell'esplosione dell'aereo del volo 800 fu una scintilla che fece esplodere il serbatoio del carburante centrale. L'FBI fu in grado di affermare che non vi era alcuna indicazione del fatto che l'esplosione potesse essere collegata a un attacco terroristico. Il nostro capo, Jim Kallstrom, non poteva certo andare in televisione a dire "Sicuramente non è stato terrorismo" una settimana dopo l'accaduto. L'FBI voleva essere molto scrupoloso nel determinare la causa e voleva che tutte le agenzie coinvolte fossero d'accordo: NTSB, FAA, ATF e la squadra antibomba della polizia di New York. Fu un lavoro che coinvolgeva molte agenzie, su questo non c'erano dubbi.


Nastro di Mobius: Com'è stata la collaborazione tra le diverse agenzie? È stata facile e senza intoppi o ci sono stati conflitti?

Neil Moran: Non posso parlare ai livelli più alti della leadership esecutiva delle varie agenzie, ma dal mio punto di vista, come di solito accade, la collaborazione è stata buona e di solito è così che procedono molte di queste indagini. Le “api operaie”, le persone come me che setacciano valigie bagnate e detriti di aeroplani, che solo pochi giorni prima si trovavano sul fondo dell'Oceano Atlantico, generalmente lavorano bene insieme agli altri. A volte in queste indagini importanti, a un livello di leadership più elevato, entrano in gioco gli ego, le gelosie tra agenzie e il tutto diventa più suscettibile, ma non ricordo di aver sentito storie spaventose di agenzie che si sono sentite maltrattate o lasciate da parte, anche se sicuramente ce ne sono state.


Nastro di Mobius: Cosa ha reso questo caso unico rispetto ad altri in cui sei stato coinvolto nel corso della tua carriera?

Neil Moran: Altri casi importanti, come quello di cui ho parlato prima, la rapina alla Lufthansa, non avevano duecentotrenta vittime sul fondo dell'Oceano Atlantico. Questa indagine era molto diversa; la maggior parte degli agenti dell'FBI non lavora a un caso come questo in tutta la sua carriera, anche se lavorare nell'ufficio di New York offre certamente agli agenti dell'FBI l'opportunità di lavorare su molte indagini significative, che spesso raccolgono l'attenzione nazionale e internazionale.

È stato interessante parlare con i colleghi con cui lavoravo in quel momento su ciò che stavano facendo nei loro rispettivi incarichi. Un mio collega fu assegnato all'obitorio, dove ogni giorno arrivavano corpi e parti di corpi. Ricordo che disse che era assolutamente la cosa peggiore che avesse mai vissuto e non poteva immaginare un incarico più deprimente. Disse di avere problemi a dormire la notte a causa delle cose che vedeva di giorno. Questo è stato certamente un caso unico, e non è qualcosa a cui le sedici settimane di formazione presso l'Accademia dell'FBI di Quantico ti preparano. Il volo TWA 800 non assomigliava a null'altro in cui fossi mai stato coinvolto e senza dubbio tutte le persone assegnate ti direbbero la stessa cosa.

Era un caso molto sfaccettato e serviva davvero la collaborazione e la cooperazione di tutte le diverse agenzie che ci lavoravano perché non credo che gli agenti dell'FBI potranno mai affermare di essere esperti nel rimettere insieme gli aerei.


Nastro di Mobius: Qual era il sentore degli investigatori sulla causa del disastro prima che fosse chiarita?

Neil Moran: Devo attingere dalle conversazioni informali che ho avuto alle due o alle tre del mattino durante le pause caffè all'hangar. Avevo lavorato con un collega che era stato trasferito da New York a Washington e che non vedevo da dieci anni. Mi chiedevo dove fosse finito e scoprii che era diventato un tecnico delle bombe dell'FBI. Abbiamo chiacchierato davanti a un caffè nelle prime ore del mattino e ricordo di avergli chiesto: "Che ne pensi?" e lui rispose: "Non ci sono indizi che facciano pensare a una bomba, non ci sono residui di una bomba". Sentii la stessa cosa da varie persone, come ho detto, da membri della squadra antibomba del dipartimento di polizia di New York, dell'ATF e da altri agenti dell'FBI. Alcune persone dissero "È stato probabilmente un incidente meccanico" e fu quello che poi venne provato.


Nastro di Mobius: È comune nella tua esperienza che testimoni oculari diano resoconti contrastanti?

Neil Moran: Assolutamente sì. Quando iniziai il mio lavoro come agente nel 1975, New York era un focolaio nel paese per le rapine in banca. L'ufficio di New York aveva due squadre dedicate alle rapine in banca per gestire le centinaia di indagini in corso. Lavoravano sette giorni alla settimana trecentosessantacinque giorni all'anno intervenendo su rapine in banca, conducendo indagini e compiendo arresti. Le squadre per le rapine in banca avevano un gruppo di supporto chiamato "Bank Robbery Rover" [squadra che pattugliava le strade della città in attesa di chiamate di emergenza per rapine, NdT]. Non fui assegnato alla squadra per le rapine in banca, ma nelle mie prime settimane come agente venni assegnato alla “Bank Robbery Rover” in diverse occasioni. Ricordo di essere arrivato a una banca nel Bronx, non lontano dal quartiere in cui sono cresciuto, dall'altra parte del Bronx River Parkway, e un membro senior della squadra disse: "Sono contento che siate arrivati, mi serve aiuto nel tenere separati i testimoni. Non lasciare che si parlino tra loro o ascolteranno i racconti gli uni degli altri." Quando iniziammo a interrogare i testimoni, rimasi sorpreso da quanto i loro racconti fossero divergenti. Uno diceva: "Era un maschio bianco alto poco meno di un metro e ottanta" e un altro diceva: "No, ho visto un uomo di colore dalla pelle chiara alto circa due metri". "La pistola era argentata", disse uno, mentre un altro disse che era nera. La differenza tra un metro e ottanta e due metri è notevole. Così come lo è quella tra un uomo di colore dalla pelle chiara e un uomo bianco, per non parlare di una pistola argentata paragonata a una pistola nera.

Non c'è dubbio che le persone, nell’agitazione del momento, si confondano su ciò che hanno visto o che non hanno visto, ma in base alla mia esperienza spesso incontriamo anche buoni testimoni. Quando portavamo i nostri procedimenti all'ufficio del procuratore degli Stati Uniti di Brooklyn o a quello di Manhattan, la prima cosa che chiedevano era "questa persona è un buon testimone?" A volte si mettevano la testa tra le mani e dicevano: "Oh mio Dio, questa persona sarà terribile" e altre volte dicevano: "Questo è un buon soggetto, ha buon occhio per i dettagli e tra un anno sarà un buon testimone durante il processo”. Dipende davvero, ma in linea di massima la mia esperienza, specialmente con il TWA 800, è che puoi sentire molti racconti diversi da testimoni diversi, e penso che i miei colleghi ti direbbero la stessa cosa. Va davvero a fortuna per quanto riguarda l'affidabilità.


Nastro di Mobius: Secondo te la pressione dei media ha avuto un impatto sulle indagini? In caso affermativo, positivo o negativo?

Neil Moran: Se chiedessi al vicedirettore che era al telefono con persone ai più alti livelli del governo e andava in TV ogni giorno forse ti direbbe: "A volte, sì, siamo stati sotto pressione", ma non credo che la pressione dei media possa portare gli investigatori a giungere a una conclusione prematura o l'FBI a dire qualcosa di impreciso. Devi pensare ai media di oggi rispetto a quelli del 1996. Non voglio dire che nel 1996 fossero meno aggressivi o bramosi di notizie di quanto lo siano adesso, ma non c'era la copertura 24 ore su 24, 7 giorni su 7 che abbiamo oggi.

È molto probabile che le persone ai più alti livelli del governo possano ad un certo punto aver contattato la leadership esecutiva dell'indagine sul volo 800 e aver detto qualcosa del tipo: "Dobbiamo trovare rapidamente le risposte su questo caso perché la CBS stasera fa uno speciale" o "60 Minutes manda in onda un servizio di indagine sul caso questo fine settimana e saranno molto critici verso i nostri risultati o verso la mancanza di risultati fino ad oggi". Di nuovo, non credo che i nostri capi dell'ufficio di New York abbiano ricevuto pressione affinché dicessero qualcosa senza che potessero supportare le loro conclusioni con prove.


Nastro di Mobius: Che lezione hai imparato da questo caso?

Neil Moran: È più una lezione a livello personale. Ho raccontato di aver torvato gli effetti personali di quella donna poco dopo aver visto il servizio su di lei in TV. Non sapevo chi fosse e non avevo mai sentito parlare di lei prima e poco dopo stavo esaminando tutti i suoi oggetti personali nella sua valigia, e questo mi ha fatto capire quanto sia preziosa la vita e quanto velocemente possa finire all'improvviso.

Ho aperto la valigia di uno dei sedici studenti di Montoursville, Pennsylvania, che era un giovane adolescente. Sia che avesse fatto lui la valigia sia che l'avesse fatta sua madre, sembrava che i vestiti fossero esposti in un grande magazzino. Tutto era fradicio, ma tutti gli indumenti erano sistemati in modo ordinato e con cura. In cima c'era una giacca a vento con scritto "Jason" o "Jacob" e sul retro c'era un piede alato. Ho praticato atletica leggera al liceo e all'università, sono stato un appassionato corridore per molti anni e quando vidi il piede alato mi sono detto: "Questo ragazzo era nella squadra di atletica". Ho tolto la giacca a vento, ho guardato sul lato del braccio e aveva il logo di una gara di 800 metri, una competizione a cui ho gareggiato anche io molte volte. Mi fermai e mi dissi: "Questo ragazzo aveva tutta la vita davanti a sé e non potrà mai fare un'altra gara". Ebbe un grande impatto su di me e mi fece capire che dovrei essere grato per ogni giorno della mia vita e non dare mai nulla per scontato. Questo caso è la prova definitiva che la vita di una persona può finire in un istante.

22 febbraio 2021

L'NTSB annuncia che il relitto del TWA 800 verrà smantellato e distrutto

Il 22 febbraio del 2021 l'NTSB ha annunciato che in concomitanza con la scadenza dell'affitto del Training Center di Ashburn, nella Virginia, il relitto del volo TWA 800 verrà smantellato e distrutto. Il velivolo, un Boeing 747, esplose al largo di East Moriches il 17 luglio del 1996 a causa di un guasto elettrico nel serbatoio centrale. Il caso attirò l'attenzione dei media a quella del pubblico per via dei timori che fosse stato abbattuto da un missile o da una bomba in un attentato terroristico, considerando anche che il disastro avvenne poco prima dell'inizio delle Olimpiadi di Atlanta e mentre a New York si stava svolgendo il processo contro il terrorista Ramzi Yousef perpetratore dell'attentato al World Trade Center del 1993.


L'aereo fu riassemblato dopo l'incidente in un hangar dell'aeroporto Grumman Peconic River di Calverton, nello stato di New York, durante le indagini; fu poi destinato alla formazione nel 2001 e spostato ad Ashburn, dove si trova tuttora, nel 2003

L'aereo verrà utilizzato per la formazione dei nuovi investigatori fino al 7 luglio del 2021, da allora l'NTSB provvederà a documentare la ricostruzione del velivolo con tecnologia 3-D ai fini di documentazione storica. In seguito lavorerà con un fornitore federale per smantellarlo e distruggerlo.

La nota dell'NTSB chiarisce che il relitto non può essere utilizzato per l'esposizione pubblica in base agli accordi iniziali stipulati con le famiglie delle vittime quando fu portato ad Ashburn, pertanto non potrà essere ceduto a un museo. Vista la mole e la necessità di liberare il sito, l'unica soluzione resta quindi la distruzione del velivolo ricostruito. L'NTSB ha comunicato la decisione alle famiglie delle vittime prima di annunciarla pubblicamente.

8 gennaio 2021

Dall'esplosione di Nashville all'assalto al Campidoglio: come le teorie del complotto forgiano il mondo in cui viviamo

Chi sperava che il 2021 sarebbe stato meno funesto del 2020 è stato smentito dopo soli sei giorni dalle agghiaccianti immagini dell'assalto da parte di un gruppo di sostenitori di Trump al Campidoglio di Washington durante la seduta del congresso che doveva ratificare la vittoria delle elezioni presidenziali da parte del candidato Democratico Joe Biden. Solo poche settimane fa, la mattina di Natale, un'esplosione ha scosso il cuore di Nashville quando un uomo si è fatto esplodere sul proprio camper parcheggiato. Questi due eventi sono accomunati da uno filo conduttore: in entrambi i casi i perpetratori erano animati dall'odio diffuso dalle teorie del complotto. Nel caso del Campidoglio gli assalitori erano sostenitori della teoria infondata secondo cui le elezioni dello scorso novembre sarebbero state truccate, la frangia più estrema comprendeva anche sostenitori della teoria QAnon. Anthony Warner, l'attentatore suicida di Nashville, era un complottista sul 5G ed era anche ossessionato dalla teoria dei rettiliani creata nel 1999 da David Icke. Per quanto spaventosi questi due terribili atti non sono isolati. Nei primi giorni di quest'anno un farmacista del Wisconsin che credeva che i vaccini contro il COVID-19 mutino il DNA umano ha distrutto cinquecento dosi del vaccino stesso e un estremista di destra ha causato un finto allarme bomba in un parcheggio del Queens.


La principale minaccia causata dalla fake news e dalle teorie del complotto è quella che possono causare odio, tensione sociale e instabilità; a giudicare da questi ultimi fatti ci stanno riuscendo benissimo. Pensare che l'elezione di Joe Biden in sostituzione di un presidente polarizzante come Donald Trump possa servire a migliorare la situazione è probabilmente un'illusione. Se un miglioramento ci sarà, sarà minimo; perché ormai l'odio è diffuso, viviamo nell'epoca della rabbia e della sfiducia e chi stia alla Casa Bianca non inverte la tendenza e la diffusione delle fake news. La sfiducia nelle istituzioni e nei mezzi di comunicazione è tale che già durante l'assalto al Campidoglio si sono sparse su internet le teorie del complotto secondo cui l'assalto sarebbe una cospirazione dei democratici e che l'uomo vestito da sciamano, Jake Angeli, avrebbe partecipato recentemente a manifestazioni di Black Lives Matter.

I social network hanno una responsabilità enorme in questo campo perché rendono più facile la diffusione di idee complottiste e mettono in contatto persone che credono alle stesse teorie. Non a caso, il gruppo di estrema destra che pianificava di rapire la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer stava raccogliendo adepti e organizzando la propria azione attraverso social network tra cui Facebook. Del resto le teorie del complotto sono sempre esistite, ma se negli anni 90 eventi come l'attentato di Oklahoma City erano rari, i gesti di odio diventano oggi sempre più frequenti perché la tensione è amplificata dai social network. Facebook e Twitter stanno mettendo in atto un tentativo di arginare il problema bloccando o segnalando le fake news, ma non sarà questa la soluzione al problema, per almeno due motivi. Il primo è che non è pensabile che sia Mark Zuckerberg (visto che i social network del gruppo FACEBOOK sono ancora largamente i più utilizzati) il garante della democrazia, perché se domani al posto di Zuckerberg trovassimo un appartenente a QAnon il problema sarebbe peggiorato. In secondo luogo perché quand'anche Facebook riuscisse a sterminare al proprio interno le fake news, gli utenti interessati a quel tipo di contenuti migrerebbero su altre piattaforme. Già ora gli estremisti di destra stanno lasciando Facebook in favore del russo VK, che ovviamente non farà mai nulla per contrastare la disinformazione, così come non lo fa Telegram (anch'esso russo) che si propone come alternativa a WhatsApp di Mark Zuckerberg.

Purtroppo non esiste una soluzione semplice al problema della disinformazione. Agire sui social network non basta, agire sui mezzi di informazione nemmeno. Probabilmente serve che i fruitori delle notizie imparino a discernere le notizie buona dalla disinformazione (e su certi temi è già successo, oggi nessuno parla più di scie chimiche), serve che tutte le fazioni (anche quelle di chi non crede ai complotti) smettano di usare un linguaggio che tende a creare divisioni, ma la prima cosa da fare è prendere atto di quanto le fake news siano pericolose e di come oggi siano una delle minacce terroristiche da cui dobbiamo difenderci.